Sandro Gurreri, Agrigento
L'esaltazione del sesso fine a se stesso, depauperato d’ogni contesto morale di affettività e di coppia, è una delle tante riduzioni tramite le quali nella società contemporanea si va avvelenando la nozione e il valore di persona umana: una riduzione macroscopica, pervasiva, ma non certo la sola. Altre, di pari gravità, incombono: si pensi al dibattito sul fine vita, sull’eutanasia, sul testamento biologico, sullo status e sulla tutela dell’embrione, in cui udiamo ricorrere – in certi importanti ambienti culturali e scientifici, ma anche in tanti discorsi comuni – tesi aberranti che richiamano alla memoria i fantasmi dell’eugenetica hitleriana. Ancora ieri su '"Repubblica" Miriam Mafai disquisiva sul testamento biologico e sul diritto a morire, in termini cannibaleschi. Tutto deriva, come lei con lucidità nota, dal fatto che Dio viene avvertito come « ostacolo all’agire » , come un residuale tabù di cui liberarsi. Proprio questo rifiuto finisce per essere il vaso di Pandora da cui scaturisce la prospettiva di un abisso senza fine, di conseguenze incontrollabili. Perché «se Dio non c’è, tutto è lecito» , come lapidariamente fa dire Dostoevskij a Ivan Karamazov nel drammatico dialogo col fratello Alesha, sintetizzando così l’atteggiamento etico nichilista che s’è fatto strada lungo il XX secolo. Dio – però – c’è. Non solo, ma si fa incontro a tutti, nella notte di Natale e in ogni giorno che viviamo. Nulla è più oggettivo di quell’avvenimento, che séguita ad agire nel tempo, anche se molti ritengono che la vicenda umana sia un vagare senza meta, errante ed erratico. Sta ad ognuno di noi cooperare, per quanto e per come può, nel rendere visibile a tutti il bene che l’umiltà di Dio ha posto definitivamente nella storia. Questo noi ci sforziamo di fare, quotidianamente, nel nostro lavoro giornalistico, cercando di onorare il compito che è inscritto nel motto della nostra testata ( «Per amare coloro che non credono» ) e che è, in fondo, il compito di ogni credente.
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