Gentile direttore,mi permetta una affettuosa tirata di orecchie al correttore di bozze di "Avvenire" che si è lasciato sfuggire un “
vox clamans (anziché
clamantis)
in deserto» nel commento di Costanza Miriano. Commento che mi ha fatto venire in mente un folgorante scambio di battute di Leo Ortolani (Ratman): «Non mi ami più come una volta». «Quale volta?». Sulle soglie del decimo anniversario di vita matrimoniale (evviva!) credo infatti che il segreto della longevità dell’amore tra marito e moglie stia nel ritenerlo una cosa assolutamente normale e che, invece, la strada maestra per bruciarlo in fretta consista nel viverlo come stato d’eccezione (e d’eccitazione) permanente.
Raffaele Ferro, TrentoÈ una questione mille volte riproposta, gentile e caro amico. Ha ragione: l’errore c’è rispetto al testo evangelico (cfr. Giovanni 1, 23) che usa il genitivo: «Voce di uno che grida (chiama): nel deserto...». Ma l’espressione in sé – «voce che grida (chiama) nel deserto» – non è errata ed è anche piuttosto ricorrente (ogni volta, o quasi, con dibattito...). Mi fermo qui, e spero di non essermi infilato in un ginepraio. Quanto a come vivere bene il matrimonio, trovo prezioso ogni parere, ogni esperienza. E so, perché lo continuo a sperimentare, che ciascuno di noi anche quando condivide, cristianamente e civilmente, l’idea di fondo del matrimonio ha sempre da obiettare o da aggiungere qualcosa a ciò che un altro o un’altra afferma. Siamo diversi, grazie a Dio. Ed è questa nostra diversità che ci scomoda e ci avvicina nel normale, straordinario cammino d’ogni giorno insieme. Perché l’eccitazione (comunque è sempre eccezionale) che sta all’inizio d’ogni storia che tende al «per sempre» è – come ha scritto Costanza Miriano lo scorso 14 febbraio – «solo una parte dell’amore».