Gentile direttore, su “Avvenire” di venerdì 22 maggio è stata riportata con rilievo la notizia che la Camera dei deputati ha approvato il ddl anticorruzione: dovrebbe trattarsi di una legge importante, non solo in grado di prevenire e punire diversi reati, ma anche utile per consentire allo Stato di recuperare il maltolto. Salta agli occhi però, la fotografia che opportunamente accompagna l’articolo a pagina 8: i deputati presenti sono stati 344 su 630... Ne mancano all’appello 286. Queste persone non hanno partecipato alla votazione, non erano presenti in Parlamento a svolgere il loro compito; certo qualcuno sarà stato malato, qualcun altro con impegni indifferibili. A questo proposito mi viene spontaneo ricordare il recente episodio dei vigili urbani di Roma assenti dal lavoro la notte di Capodanno: in quella circostanza l’opinione pubblica si è scagliata (e giustamente) contro tante persone che non hanno voluto fare il loro dovere... Non le sembra altrettanto grave che quasi la metà dei nostri deputati siano mancati al loro dovere? Come possiamo aspettarci l’impegno degli altri quando chi deve dare l’esempio lo disattende in questa maniera?
Giuseppe Pisano Per risponderle, gentile signor Pisano, le dirò quali sono i due pensieri che ho fatto vedendo quello stesso numero – 344 presenti su 630 deputati – che così tanto (e giustamente) l’ha colpita. Il primo, anche se forse le sembrerà strano, è stato di sollievo. Da osservatore ormai di lungo corso delle vicende parlamentari, mi sono detto: meglio relativamente pochi in aula, ma benintenzionati che tutti schierati e troppi, magari, decisi a bloccare un’altra volta la nuova e più severa normativa anticorruzione e la ritrovata severa sanzione del falso in bilancio, misure che la grande maggioranza dell’opinione pubblica attendeva con comprensibile impazienza e con dosi crescenti di irritazione per lungaggini, divagazioni e veri e propri sbarramenti. Il mio secondo pensiero è stato simile al suo. Se lei e io fossimo stati parlamentari avremmo fatto di tutto per essere presenti a quella votazione, e non per “farci belli” al cospetto dei cittadini-elettori, ma perché saremmo stati consapevoli che valeva decisamente la pena di fare qualcosa di indubitabilmente buono e giusto. E perché, appunto – come non mi stanco di ripetere e soprattutto in questo tempo di difficoltà, di disincanto e persino di disgusto per la “politica” –, l’esempio che viene dall’alto deve far rifiorire negli italiani la stima per le nostre istituzioni democratiche. E non c’è dubbio che in quel momento, mentre si votava il sì definitivo a una legge una volta tanto invocata e benvenuta, gli occhi di tanti di noi erano fissi sull’emiciclo di Montecitorio. Vedere il pieno d’aula e la convinzione delle grandi occasioni sarebbe stato importante. Non averli visti è stato deludente e amaro. Grave no, perché grave sarebbe stato non riuscire e varare quelle norme. Che invece ora ci sono. E debbono esser fatte valere.