Nella vicenda del coronavirus che sta mettendo in ginocchio l’Italia è insito un paradossale invito "laico" al ritornare in se stessi, alla conversione del cuore. Molte persone sono consegnate all’isolamento e a una sostanziale solitudine, forse per la prima volta nella vita: dato che non sono molti coloro che, in Quaresima e in altre stagioni, si rifugiano nella meditazione e nel silenzio. Per molti, dunque, si tratta di un’esperienza del tutto insolita. Un poco paradossalmente, l’esigenza di garantire la salute delle persone costringe – grazie a una sorta di dimezzata "quarantena", come è quella di due settimane prescritta dai medici – a riflettere su se stessi e ciò rappresenta una sorprendente novità. Quanti sono, infatti, coloro che "di questi tempi", amano il silenzio, riflettono serenamente sulla loro vita, si pongono interrogativi sul proprio futuro?
Lungi dall’augurarsi, per tutti, una forzata esclusione dal "mondo" e una obbligata chiusura in se stessi; non è questa, infatti, la via da percorrere quando si voglia seriamente riflettere sul proprio futuro. Ma, ciò nonostante, è pur lecito chiedersi se queste preoccupate clausure, questi forzati silenzi, non possano portare a guardare in profondità se stessi, al di là degli stordimenti e delle evasioni della "normale" vita quotidiana. Chi pensa seriamente alla vita, al futuro, al camminare nel mondo (e con le proprie gambe, non sfruttando il supporto altrui)?
Strana "quaresima laica" quella cui il venefico virus costringe tante persone ed è con inquietudine temuto da quanti, a seguito del decorso dell’epidemia, potrebbero trovarsi sulla stessa barca, come gli infelici ospiti di un transatlantico partito con l’ambizione di fare il giro del mondo e costretto ad una drammatica sosta di cui non si vede la fine, mentre il "male oscuro" si fa strada dalle esili pareti delle cabine…
Non sarebbe degno dei cristiani vedere nell’epidemia, che inevitabilmente evoca gli spettri di inquietanti pagine di manzoniana memoria, un "castigo di Dio", perché il Dio dei cristiani ama tutti i suoi figli e desidera per loro solo il bene. Ma in ogni evento, anche se come questo, negativo, è possibile leggere, oltre a un male da rimuovere, anche una lezione da meditare.
È soprattutto la lezione del silenzio che meriterebbe di essere ri-appresa da un Occidente che lo ha ormai dimenticato e che è di continuo circondato, in forme talora ossessive, dai rumori delle auto, dalle canzoni, dagli "squittii" di sempre nuovi media che invadono e talora soffocano la vita quotidiana, contagiando un po’ tutti. Che questo terribile contagio che ci minaccia possa contribuire a metterci in "quarantena" rispetto ad altri "contagi" non meno preoccupanti ed alla fine pericolosi, di quelli la cui narrazione occupa pagine e pagine dei giornali, ore ed ore delle trasmissioni televisive, colonne sterminate di messaggi e messaggini?
Questa anomala "quaresima laica" può risuonare, anche per i credenti, come un campanello d’allarme. Che posto ha ancora il silenzio nella vita del nostro tempo e nella nostra personale esperienza? Come l’appello insito nella "quaresima laica" degli infetti e dei possibili infettati potrà essere raccolta dai credenti in questa singolare Quaresima? Nonostante tutto, di fronte a questa drammatica situazione, vi è ancora spazio per una duplice guarigione, quella dei corpi e quella degli spiriti.