Caro Avvenire,
è guerra globale. Stragi terroristiche nei Paesi del G20 e nei Paesi loro alleati; stragi militari negli Stati islamici. Due occhi per occhio... ben oltre la legge del taglione sembra propagarsi esponenzialmente il satanico arbitrio dei Führer-Califfi. Al di là delle inevitabili propagande, soltanto Dio può fermare l’infernale spirale. Ciascuno può e deve combattere con tutte le proprie forze: pregando e lavorando più intensamente; cercando e offrendo lavoro con ancora maggiori tenacia e speranza. I pensionati preghino e gli studenti studino... il doppio! Matteo Maria Martinoli Milano
Caro Martinoli,
lei mette insieme i tragici fatti degli ultimi mesi, fino alla strage di domenica nelle chiese in Egitto, e ci legge il disegno di una guerra globale. Sono d’accordo con lei, anche se almeno per ora questa guerra appare “a pezzi”, come dice il Papa. Finché le bombe scoppiano nel metrò di San Pietroburgo, finché i kamikaze si fanno esplodere a Tanta, possiamo sperare che la guerra “a pezzi” non riguardi noi. Ma Nizza, Bruxelles, Parigi, Londra, Stoccolma sono Occidente, sono proprio “noi”. E dentro questa guerra feroce ci siamo, e ci sentiamo, anche noi. È una guerra anomala, che lascia ampie sacche di pace, dentro le quali ci si può illudere: che niente sia cambiato in fondo, che passerà questo momento. Lei non cade in questa illusione: solo Dio, scrive, «può fermare l’infernale spirale: ciascuno deve combattere con tutte le proprie forze: pregando e lavorando più intensamente». Offrendo a Dio anche il proprio quotidiano lavoro, perché il male non prevalga. Pregare. Per chi è lontano dalla Chiesa pregare è cosa inutile, azione da deboli, inincidente sulla realtà. Ma i cristiani devono ricordare, e più che mai in giorni come questi, che la preghiera opera, che la preghiera insistente può sventare il disegno del male. La mia nonna paterna, quando aveva suo figlio sul fronte russo, ogni mattina all’alba andava a Messa e pregava per quel suo ragazzo. E, la sera, l’ultima Ave Maria era per lui. Mio padre scrisse poi nelle sue memorie dal Don che nel gelo, nella morte, nel sangue, solo il pensiero di sua madre gli aveva permesso di non arrendersi. Pregare davvero è bussare testardamente alla porta di Dio. Io sto imparando, in questi mesi di attentati sanguinosi e vicini, a pregare per i miei figli che escono la mattina e prendono la metropolitana, e camminano per Milano, come tutti noi inermi. Prego per loro quasi con prepotenza: che vivano, che siano fecondi di opere e di vita. È la prima cosa che questa “guerra a pezzi” mi ha insegnato. Dovremmo pregare per tutti, anche per gli sconosciuti. Che il terrore fallisca, che tutto questo odio non travolga gli uomini. Che la infernale spirale si fermi. Sapendo che, in verità, solo Dio la può davvero fermare.