Finalmente buone notizie per la giustizia. La prima è che il governo ha preso l’impegno e sta attuando una serie di iniziative che riguardano sia il processo civile, sia il processo penale, sia il processo amministrativo. E, grazie all’Unione Europea che ha accolto il Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr), è in grado di disporre di risorse finanziarie adeguate a tradurre in realtà operativa i progetti di riforma. Ne parla appropriatamente il decreto legge n. 80 del 9 giugno 2021, a tenore del quale gli obiettivi da raggiungere entro il 2025 sono di aumentare l’efficienza della giustizia, riducendone i tempi e assicurando la ragionevole durata del processo: rispetto ai tempi attuali, la riduzione del 40% per il processo civile, del 25% per il processo penale. Ma gli obiettivi non potrebbero realizzarsi senza investimenti.
A ragione di ciò il Pnrr ha indicato i progetti da realizzare e i necessari relativi finanziamenti che, per quanto attiene le riforme del processo, ammontano a 2,3 miliardi di euro. Nel contesto viene in considerazione prima di tutto il capitale umano: fermo il già programmato reclutamento ordinario di magistrati e personale amministrativo, viene affiancato il reclutamento straordinario a tempo determinato di 16.500 addetti all’ufficio del processo e di 5.410 unità di personale tecnico e amministrativo, il tutto per 21.910 unità, pari a oltre 2/3 dell’attuale organico del personale ammini-strativo in servizio. La straordinarietà e l’imprevedibilità dell’intervento si rivelano da sole. Tuttavia, sin da ora nasce il problema di dove collocare logisticamente queste persone. Inoltre bisogna tenere conto che la Commissione Europea monitora tutti gli adempimenti e, in mancanza degli stessi, sospende l’erogazione del contributo. Agli addetti all’ufficio per il processo sono dedicate le specifiche norme previste dal decreto legge che ho citato. Quanto ai tempi, sono previsti due scaglioni di 8.250 unità. Il primo avrà un contratto di due anni e sette mesi, il secondo di due anni. Per il primo scaglione ci sarà il bando entro settembre 2021 con presa di servizio entro gennaio 2022 e una retribuzione di 1.800 euro netti al mese. Per quanto riguarda i luoghi, gli addetti per il processo sono prevalentemente destinati a Tribunali e Corti d’Appello sia nel settore civile sia nel settore penale. Alla giustizia amministrativa sono destinate 326 unità tra Consiglio di Stato e alcune sedi del Tar. Relativamente alla specifica attività, è previsto che tutti i capi degli uffici giudiziari, entro il 31 dicembre di quest’anno, di concerto con il dirigente amministrativo, predispongano un progetto idoneo a raggiungere i risultati che ogni progetto si prefigge. Da sottolineare che una norma del decreto legge prevede che l’attività degli addetti per il processo sia «esclusivamente rivolta alla riduzione dell’arretrato».
Un’altra buona notizia è il ritorno al pro- cesso civile rivalutato nella sua oralità. Il riferimento è al dettato dei suggerimenti della commissione presieduta dal Francesco Paolo Luiso e alle sottolineature della ministra Cartabia. Di particolare rilevanza, l’articolazione della prima udienza che prevede fra l’altro l’obbligo della personale comparizione delle parti per essere interrogate liberamente dal giudice che potrà formulare una proposta conciliativa ai sensi dell’art. 185 del Codice di procedura civile, da presidiare con sanzioni per la mancata comparizione senza giustificato motivo e con il verbale di conciliazione dotato di esecutività e titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. È evidente che per il buono risultato della proposta è essenziale che essa sia esperita senza fretta con modalità che non devono rimanere mere enunciazioni ma essere attuate dal giudice dedicando il tempo oggettivamente necessario. Sembrerebbe che tornino in vita i quasi dimenticati 'buoni uffici del giudice' che in passato hanno svolto il compito di alleggerire il pesante calendario delle cause assegnate.
Ancora più rilevante il significato della conciliazione come piena attuazione di concreta giustizia. A dirla con Giuseppe Capograssi e Salvatore Satta, «nella composizione convenzionale la singola personalità vince con il suo autonomo atto di volontà l’incertezza giuridica e dà, con questa spontanea volontà, attuazione all’ordinamento nel caso concreto». Sotto questo profilo ben si inquadra anche l’importanza dell’istituto della mediazione come ulteriore strumento di una attuazione giusta della giustizia. Tornando agli arretrati, ci soffermeremo qui sullo smaltimento nel settore civile. In proposito merita di essere ricordato il contributo che alla soluzione del problema ha fornito, nel tempo e con diversi articoli, la rivista Iustitia dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani. Alcune osservazioni: la prima è che «nel giudizio fra privati, fra cui spesso si gioca la forma corrente della controversia civile, sono di fronte due persone che si rivolgono all’avvocato e promuovono il giudizio per ottenere soddisfazione. In questo contesto la figura di un soggetto, terzo e imparziale, solitamente riveste un’importanza determinante al fine della soluzione della lite senza necessità di sentenze o di altri provvedimenti» (mio articolo in Iustitia, 3/2017).
Le nuove assunzioni previste dovrebbero servire soprattutto a ridurre le pendenze Ma potrà risultare prezioso anche ripescare gli esempi virtuosi del passato
Ma è pure ovvio - come sottolinea giustamente Claudio Consolo nel commentario al Codice di procedura civile - che la proposta di conciliazione deve «comunque nascere dall’oralità, una volta sentite le parti e non quale astratto provvedimento autoritario, calato ex abrupto dall’alto sulle parti, senza un previo contatto fra di esse e il giudicante». La seconda osservazione è che nella pratica professionale le parti quasi mai sono state sentite direttamente, tanto più che secondo il nuovo art. 185 del Codice di procedura civile il giudice istruttore interroga liberamente le parti e provoca la conciliazione solo in caso di richiesta congiunta delle stesse, venendo così il giudice istruttore ad avere una funzione tutto sommato passiva e non più attiva come in precedenza. Questo è un argomento sul quale riflettere. In passato il mancato ricorso alle proposte di conciliazione o transazione era giustificato dai giudici in conseguenza della pesantezza del loro ruolo che non consentiva di disporre del tempo necessario per invitare le parti a comparire personalmente e a comporre la loro controversia.
Oggi, con l’istituzione dell’ufficio per il processo e per l’attività preparatoria che gli addetti possono esplicare, è stato reso più agevole individuare e realizzare un’udienza apposita per l’ascolto delle parti. Probabilmente i risultati saranno inferiori alle aspettative ma, di certo, la riduzione che sarà portata al numero delle cause arretrate, consentirà al giudice ordinario di avere maggiore tempo per approfondire e decidere le questioni più complesse in termini ragionevoli di tempi. Vale da ultimo tenere presente - ed è la terza osservazione - che in tempo di inesistenza degli attuali sussidi giuridici e tecnologici, non sono mancati esempi di arretrati che sono stati smaltiti. Si pensi ad esempio alla benemerita attività del Tribunale di Torino, oppure all’esperienza del Tribunale del lavoro di Milano che si sono messi all’opera per eliminare le cause vecchie di oltre tre anni e non fare invecchiare le nuove che sopravvenivano.
Da ultimo, bisogna considerare che le migliori modalità per ridurre drasticamente gli arretrati non consistono nel creare nuovi uffici ad hoc tipo le sezioni stralcio (di cui ho messo in luce i deludenti risultati nell’articolo su Avvenire del 30 marzo 2021), ma finalmente convincersi che la migliore ricetta è risuscitare le pratiche pendenti negli uffici di cancelleria, affidarle al giudice istruttore nel cui ruolo si trovano iscritte e renderle operative. Seguendo l’esempio del Tribunale e della Corte d’Appello Torino, del Tribunale del lavoro di Milano e degli altri che ne ricalcarono le orme, occorre studiare tali pratiche previamente, convocare le parti, esercitare i famosi buoni uffici del giudice per la conciliazione o per la soluzione transattiva della questione. Il giudice investito, valutando la questione da decidere, indicherà le convenienze reciproche e l’utilità reciproca se le parti si accordano per eliminare la pendenza. Naturalmente si sta parlando di attività straordinaria dei giudici designati e di adeguati compensi per la bisogna. Esemplare l’osservazione rilasciata al Corriere della seradel 29 gennaio 2012 da Mario Barbuto, allora presidente della Corte d’Appello di Torino: «Fatto lo sforzo di pulire la cantina [cioè gli arretrati], il salotto lo si affronta con ritmi normali». Anche oggi, riducendo drasticamente gli arretrati, il Commissario europeo alla giustizia non potrà che esprimere l’apprezzamento dell’Europa e non mancherà l’effetto positivo sull’economia e sulla attrazione di investimenti esteri.
Avvocato, già direttore di Iustitia Socio onorario dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani ©