Giancarlo Guivizzani, Arezzo
Le sue parole, caro Guivizzani, colgono il nucleo delle argomentazioni bastanti per respingere al mittente una proposta di cui non s’avverte certo il bisogno, e che comunque aveva suscitato il plauso di qualche amministratore locale. A onor del vero, il ministro della Difesa aveva anche specificato, a corollario dell’idea, che in ogni caso occorrerebbero «... opportuni correttivi e regolamentazioni. Penso a limitazioni all’affluenza per i residenti, lasciando invece porte aperte per i turisti». Probabilmente il ministro aveva parlato a titolo personale (la materia, infatti, non è diretta competenza del suo dicastero) e, a quanto mi consta, non ha dato alcun seguito alla cosa, né in sede di dibattito parlamentare né in sede di proposta legislativa. Ciò comunque non cambia la sostanza della questione, che non dovrebbe rientrare nell’agenda di una politica veramente interessata al bene comune. Infatti – come lei giustamente sottolinea – sono già troppi, oggi, gli strumenti messi a disposizione di chi induce alla scommessa e all’azzardo, lusinghe che appaiono purtroppo sempre più diffuse, facendo presa soprattutto negli strati popolari, nella massa di gente che affida all’illusione di un gioco la speranza di mutare la propria condizione sociale. Da passatempo che erano, le sale bingo, le slot machines presenti in tanti bar, i vari «gratta e vinci» (spesso falsificati), le corse ippiche ecc. sono divenuti veri e propri «vizi» che coinvolgono sempre più persone, gettando molti nel cono d’ombra della patologia comportamentale, nel dramma familiare, e spesso nelle mani dell’usura, ovvero in una strada senza uscita. In un periodo di crisi generalizzata – non soltanto economica ma anche e in primo luogo morale – risulta irricevibile qualsiasi iniziativa che indebolisca ulteriormente un’indispensabile nozione di responsabilità e di sobrietà che, nelle coscienze, è già fin troppo evanescente. Qui non si tratta di imporre dei «falsi moralismi» che non piacciono a La Russa, né tanto meno di rievocare proibizionismi già falliti in tante circostanze. Si tratta di guardare con onestà a quelle che sono le vere priorità. Priorità che, mi pare, vanno in tutt’altra direzione.
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