Niente soldi per la ricerca sugli embrioni ibridi uomo-animale: il clamoroso annuncio è apparso sulla prima pagina del quotidiano inglese Independent. Modulato a metà fra il grido di dolore e il disperato, patetico, tentativo di fare appello all’opinione pubblica. Nessuno dei tre gruppi di ricerca inglesi autorizzati più di un anno fa è riuscito a trovare i finanziamenti necessari per realizzare il discusso esperimento che – è bene ricordarlo – consiste in una clonazione realizzata fondendo un ovocita di mucca, coniglio o maiale con una cellula somatica umana, e che avrebbe dovuto portare alla creazione di un embrione ibrido con il 99.9% del patrimonio genetico di origine umana e lo 0.1% di provenienza animale. L’obiettivo era creare cellule staminali embrionali, ovviamente «per sconfiggere malattie incurabili», utilizzando ovociti animali perché quelli delle donne scarseggiano. Secondo l’Indipendent, le ricerche in corso sarebbero talmente avanzate che in poche settimane gli esperimenti potrebbero essere completati a costi che sembrano irrisori: 80-90 mila sterline per comprare le attrezzature necessarie, stando a quel dichiara Stephen Minger, il responsabile di uno dei tre gruppi di ricerca. Peccato che quei soldi nessuno voglia metterceli. E dire che in Gran Bretagna il denaro per la ricerca non manca: il Medical Research Council ha impegnato 25,5 milioni di sterline per studi sulle cellule staminali, aumentando il fondo di due milioni rispetto all’anno scorso. Ma soprattutto ha preferito far lievitare dal 46% al 61,3% la quota destinata alle staminali adulte. Gli stessi responsabili dei finanziamenti l’hanno ammesso: meglio investire sulla tecnica – efficace e promettente – delle staminali 'etiche', le cellule pluripotenti indotte scoperte poco più di un anno fa dal giapponese Shinya Yamanaka. Gli ibridi? Non interessano. Che quella degli embrioni misti uomo-animale fosse una ricerca vecchia e già fallita i lettori di Avvenire lo sanno bene avendolo letto più volte su queste colonne, alla luce della più affidabile letteratura scientifica. Eppure l’Associazione radicale Luca Coscioni nell’ottobre 2007 invitò in Italia proprio Minger, quasi fosse il nuovo eroe della ricerca di frontiera. Questi tenne un’audizione per il mondo politico e un seminario alla Sapienza, presentato da illustri docenti dell’ateneo romano pronti a dichiarare pubblicamente il loro entusiasmo per gli ibridi. A confortarli si schierò la fanfara della gran parte dei media italiani, beatamente indifferenti ai disatrosi risultati di chi, negli anni precedenti, aveva iniziato e poi abbandonato l’esperimento. Gli scienziati inglesi coinvolti nell’operazione, dal canto loro, hanno denunciato ostacoli di natura «etica»: i fondi per gli ibridi non sarebbero arrivati per «ragioni morali». Ma oggi non sanno con chi prendersela: in Gran Bretagna i cattolici sono in minoranza, e il Vaticano non è invocabile come causa dei loro fallimenti. Imbarazzo doppio, visto che ci avevano spiegato che la ricerca era stata preceduta da un ampio dibattito che aveva coinvolto l’opinione pubblica, giunta infine a sostenere la ricerca sugli ibridi. Un esempio di democrazia ed informazione, insomma, tutto da imitare, specie dal nostro derelitto e arretrato Paese. Ma almeno un obiettivo di quell’assillante campagna è stato raggiunto: a seguito del gran battage per quella che doveva essere una ricerca dai risultati miracolosi è cambiata la legge inglese sull’embriologia, che adesso autorizza ogni tipo di ibrido uomo-animale. Come per la «clonazione terapeutica» umana – mai realizzata eppure oggetto di furibonde campagne politiche e mediatiche – i cosiddetti paladini della scienza hanno diffuso notizie distorte e dati alterati per ottenere norme a maglie assai larghe e sdoganare l’idea che in nome del progresso scientifico tutto sia lecito. Così, quella che dovrebbe essere scienza diventa troppo spesso l’inutile parodia di se stessa.