domenica 13 agosto 2023
Da Gerusalemme a oggi, dagli Atti degli Apostoli al Vaticano II: il cuore del cammino Francesco lo disse la sera stessa della sua elezione: «E adesso incominciamo questo cammino, vescovo e popolo»
Natura, stile, missione: la Chiesa è sinodale

Ansa

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Con la serie «Io seguo la Chiesa» Avvenire propone a cadenza settimanale un viaggio attraverso i temi centrali dei dieci anni di pontificato di papa Francesco. La vaticanista Stefania Falasca propone ogni domenica una chiave di lettura per capire e seguire meglio un magistero che guida tutti i credenti. (Leggi tutti gli articoli della serie CLICCA QUI)

«E adesso, incominciamo questo cammino: vescovo e popolo». La sera stessa della sua elezione, il 13 marzo 2013, papa Francesco, con il gesto singolare di chinarsi dalla loggia di San Pietro per chiedere in silenzio la benedizione al popolo, pronunciava queste parole che sembrarono estemporanee ma che contengono una chiara visione ecclesiale ed ecclesiologica, preannunciando un indirizzo e un programma irrinunciabile da perseguire. L’invito di Francesco in quella sera rimandava in modo diretto al secondo capitolo della costituzione dogmatica conciliare sulla natura della Chiesa

Lumen gentium

interamente dedicato al Popolo di Dio e nel quale ai punti 8-12 si afferma – parole testuali – che «vescovo e popolo fanno un cammino insieme, in cui “la totalità dei fedeli che hanno l’unzione ricevuta dal Santo Spirito” (cfr 1 Gv 2,20-27) non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua particolare proprietà mediante il soprannaturale senso della fede di tutto il popolo, quando, dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici, esprime il suo consenso universale in materia di fede e di morale».

Con la costituzione dogmatica Lumen gentium il Concilio Vaticano II aveva infatti rimesso in luce la Chiesa di Cristo come Popolo di Dio, riaffermando così che la Chiesa è per definizione Popolo di Dio che cammina insieme nella storia, per essere segno del Regno di Dio offerto a tutta l’umanità. E se quindi la Chiesa non è solo gerarchica ma Popolo di Dio in cammino, compiuto insieme da pastori e fedeli, si deve al Concilio anche la riscoperta di una dimensione costitutiva della Chiesa: quella di essere sinodale. Sinodale significa appunto “camminare insieme” laici, pastori, Vescovo di Roma – il termine greco “sinodo”, parola antica e veneranda nella Tradizione della Chiesa, è infatti composto da syn e hodos, dove syn è il cum latino che quando si riferisce a persone dice lo “stare insieme” ed evidenzia l’unità mentre hodos è la via, il cammino, ma anche il modo con cui si raggiunge la meta – non un camminare per camminare, ma un camminare insieme verso una meta, e non una meta qualsiasi, ma il Regno di Dio. Questa dimensione riscoperta non è pertanto un’invenzione del Concilio. Con la definizione di Chiesa-Popolo di Dio il Concilio riaffermava i presupposti e le ragioni che hanno riportato alla luce la modalità e lo stile irrinunciabile della Chiesa antica: irrinunciabile perché costitutivo, cioè che appartiene alla natura apostolica propria della Chiesa al pari della dimensione gerarchica. Tanto che Giovanni Crisostomo afferma che «Chiesa e Sinodo sono sinonimi» e mostra come negli Atti degli apostoli e nella Chiesa dei Padri del primo millennio la sinodalità sia stata la modalità abituale di essere Chiesa, nella fedeltà alla sua origine apostolica e alla sua vocazione cattolica. Una modalità che nel secondo millennio, per certi versi, è stata sospesa.

Si comprende così la portata e l’urgenza di quell’invito fatto dal Papa la sera della sua elezione: riprendere e riportare in essere, dall’oblio di molti secoli, non un tema tra gli altri ma una dimensione costituiva della Chiesa, del suo essere, senza la quale cioè la Chiesa non può essere sé stessa, e che era rimasta inevasa anche dal tempo del Concilio.

È questa dimensione che papa Francesco ha seguito e rimesso in asse a cominciare dalla sua prima esortazione Evangelii gaudium (2013), assimilando gli stimoli pastorali delle varie Chiese locali del mondo e con i diversi sinodi: da quello sulla famiglia a quello sull’Amazzonia, al prossimo in ottobre sulla stessa sinodalità. E se questa rimanda alla natura apostolica propria della Chiesa e indica perciò lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione, solamente nella cornice di questa natura si comprende il senso e la prospettiva ecclesiale indicati dal Papa affinché la Chiesa ricominci a diventare sinodale. Dunque non è una scelta personalistica e discrezionale, un optional o un escamotage organizzativo, ma è il dinamismo proprio che lo Spirito Santo infonde alla Chiesa di Cristo, attraverso cui la guida fin dal principio e per il quale l’attuale Successore di Pietro ha affermato nel 2015 – commemorando il cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi a opera di Paolo VI – che «il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del Terzo millennio».

E se in conformità all’insegnamento della Lumen gentium papa Francesco ha rimarcato in particolare che la sinodalità «ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico» e che, in base alla dottrina del sensus fidei fidelium, «tutti i membri della Chiesa sono soggetti attivi di evangelizzazione» ne consegue che la messa in atto di una Chiesa sinodale è presupposto indispensabile anche per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero Popolo di Dio. In un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro è il Servus servorum Dei, custode del deposito della fede, chiamato a pronunciarsi come «Pastore e Dottore di tutti i cristiani», non a partire dalle sue personali convinzioni ma come supremo testimone della fides totius Ecclesiae e garante dell’unità. Così il fatto che il Sinodo agisca sempre «non solo cum Petro, ma anche sub Petro non è una limitazione della libertà ma una garanzia dell’unità».

Insomma, ci è voluto questo tempo per rendersi conto che la Chiesa è costitutivamente sinodale senza cessare di essere costitutivamente gerarchica. Ma a oltre cinquant’anni di distanza dal Concilio molti restano i passi da compiere in questa direzione. E papa Francesco ha voluto fare del Sinodo non più un evento isolato ma un processo che avviene nel tempo, per tappe. Così il 10 ottobre 2021 ha dato il via a un’Assemblea ecclesiale – «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione » – della durata di tre anni e che si concluderà il prossimo ottobre affinché maturi davvero una forma sinodale di Chiesa, alla luce del principio ecclesiologico fondamentale: il cammino sinodale inizia con la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari.

«Ci sono molte resistenze a superare l’immagine di una Chiesa rigidamente distinta tra capi e subalterni, tra chi insegna e chi deve imparare... La Chiesa sinodale ripristina l’orizzonte da cui sorge il sole Cristo: innalzare monumenti gerarchici vuol dire coprirlo» ha affermato papa Francesco in un discorso che il 18 settembre 2021 ha rivolto alla sua diocesi di Roma. E lì ha ribadito che «la sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione». E quindi «quando si parla di Chiesa sinodale si deve evitare di considerare che sia un titolo tra altri, un modo di pensarla che preveda alternative. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica – ha detto –, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante manuale di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli Apostoli». «Il libro degli Atti – ha ripreso – è la storia di un cammino che parte da Gerusalemme e, attraversando la Samaria e la Giudea, proseguendo nelle regioni della Siria e dell’Asia Minore e quindi nella Grecia, si conclude a Roma. Questa strada racconta la storia in cui camminano insieme la Parola di Dio e le persone che a quella Parola rivolgono attenzione e fede. Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. I ministeri, allora, erano ancora considerati autentici servizi. E l’autorità nasceva dall’ascolto della voce di Dio e della gente – mai separarli! – che tratteneva “in basso” coloro che la ricevevano. Il “basso” della vita, a cui bisognava rendere il servizio nella carità e nella fede». «Noi saremo Chiesa se procederemo su questa strada... Ci saranno sempre discussioni, ma le soluzioni – ha affermato il Papa – vanno ricercate dando la parola a Dio e alle sue voci in mezzo a noi; pregando e aprendo gli occhi a tutto ciò che ci circonda; praticando una vita fedele al Vangelo; interrogando la Rivelazione secondo un’ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino cominciato negli Atti degli Apostoli». «Questa ermeneutica – ha pertanto domandato il Papa – è iniziata con il Concilio? No, è cominciata con il primo Concilio degli Apostoli: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi”». È quanto dissero gli Apostoli e i responsabili della Chiesa di Gerusalemme chiudendo il primo Concilio della storia della Chiesa. «Questo – ha affermato papa Francesco – è l’orizzonte di autentica conversione pastorale e missionaria entro cui considerare anche il Sinodo attuale». Ma forse più di altri la portata di questa fondamentale dimensione ecclesiale l’hanno avvertita quanti avversano il Papa ideologicamente, così come hanno fatto con il Concilio Vaticano II, scambiando le “tradizioni” di una generazione fa con la grande Tradizione a cui non solo il teologo domenicano Yves Congar riservava la maiuscola e della quale il Concilio è frutto e sviluppo nella comprensione del Vangelo.

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