Caro direttore,
«Le forze che muovono la storia sono le stesse che muovono il cuore dell’uomo». È una frase di Luigi Giussani che ho ascoltato per la prima volta nella mia vita qualche tempo fa, in un incontro di presentazione del nuovo libro su monsignor Giussani, la biografia di Alberto Savorana; parole che mi hanno smosso, hanno spostato la mia prospettiva. Sono una ragazza di diciassette anni, studentessa al liceo classico, piena di progetti e nello stesso tempo da tempo soffocata da una realtà politica che non sento positiva per me. L’anno scorso ho iniziato veramente a interessarmi di quello che accadeva nel mondo e specialmente in Italia, ma ho smesso ben presto, per la paura di diventare come mia nonna, una donna che ha ormai perso le speranze nei confronti della realtà che la circonda, sfiancata dai dibattiti, condizionata da qualsiasi litigio tra politici, senza una meta, depressa dalle tragedie e dal male che viene raccontato (senza alcun raggio di bene che si possa scorgere tra una notizia e l’altra). Questa mia repulsione si è espressa in un’avversione nei confronti dei media, che controllano la nostra visione della realtà e che sembra provino gusto di mostrare i battibecchi e le cose inutili, e nello stesso tempo disinteressati delle cose vere e importanti (per esempio non si è saputo nulla dei <+corsivo_bandiera>veilleurs <+tondo_bandiera>in Francia...). Dall’altro lato, ciò ha provocato in me una reazione di resa nei confronti di questa società: anche io ho dato la colpa agli altri e me ne sono stata zitta, e ho zittito dentro di me il desiderio e la fiducia del cambiamento. Quella frase, però, mi ha fatto pensare e mi ha fatto spostare il punto di vista dagli altri a me stessa, inducendomi a giudicare il mio stesso operato. Prima mi lamentavo quasi di non avere l’età per lavorare e per aiutare l’Italia con il mio contributo (il mio desiderio è quello di insegnare nei licei lettere, latino e greco), essendo solo una delle tante studentesse. Ora ho percepito in me il potere di cambiare il modo con cui affronto lo studio, che altro non è che preparazione alla mia "vocazione", cambiare la società in cui vivo, addirittura il mondo pur essendo una piccola goccia in mezzo all’oceano, come si definiva santa Teresa. Quali forze muovono il mio cuore che possono far muovere la storia? La risposta che sento nascere è il desiderio di dare il mio contributo, di essere leale con questo desiderio nel corso della vita, e sento che questo mio contributo è in realtà grande! Sto capendo di avere un posto anche io in questo mondo, e vorrei che questa "rivelazione" arrivasse a tutti i giovani che avevano la stessa mia posizione! Risvegliamo il nostro cuore, desideriamo! Anche l’Italia così si rialzerà, perché non è altro che l’insieme degli italiani, dei loro cuori, non un’istituzione lontana e chiusa!
Miriam Gaudio
Tocca, e convince, anche me la frase di don Giussani che ha "provocato" tutto ciò che questa lettera bella e piena di slancio riesce a comunicare. Grazie, cara Miriam. Conosco quella frase, come ne conosco un’altra – straordinariamente assonante – di Vaclav Havel: «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono felice l’uomo». Che belle intuizioni... E che bella sfida. Mi piace, infatti, pensare che la generazione che sta crescendo (che è anche quella delle mie figlie) ed è chiamata a interpretare in modo nuovo – in questo tempo duro e bello di grande transizione – l’insegnamento, il giornalismo, il fare impresa e ogni altro lavoro e impegno sociale e politico sarà una generazione migliore della mia nel riuscire a orientare le forze che si suscitano nel cuore degli uomini e delle donne e che «muovono la storia» alla ricerca e alla costruzione di una possibile «felicità» per sé e per tutti. Mi piace anche pensare a quante cose buone e giuste, in un mondo ancora troppo cattivo e ingiusto, questa felicità può essere: logiche economiche costruttrici e non divoratrici d’umanità, pratiche scientifiche rigorose e sempre rispettose della vita umana, regole sociali salde e accoglienti, esercizio del potere responsabile, efficace e sobrio… E ancora di più, da cristiano, mi piace pensare che la possibile umana felicità è semplicemente quel «centuplo quaggiù» che ci è stato promesso. Auguri, cara Miriam, e buon lavoro nel costruire, mai da sola, un mondo dove sia bello avere un proprio «posto».