giovedì 23 luglio 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro Direttore, a Milano è stato deciso di introdurre il divieto di vendita di alcolici ai minori di 16 anni. È un provvedimento che può funzionare, ma come spesso accade occorre capire se ci saranno i controlli e se questi saranno efficaci. Di certo la multa da 450 euro prevista per chi trasgredisce non è il massimo in termini di deterrenza. Fatti i dovuti conti, e mettendo in conto la probabilità estremamente bassa di venire «beccati», il gioco vale la candela. Come se non bastasse, non ho neppure letto di misure per evitare che qualcuno (maggiorenne) faccia un favore al teenager di turno, comprando le bottiglie (o le lattine) proibite in sua vece. Dove il problema del consumo di alcol nei giovani è ben più grave, le sanzioni allontanano qualsiasi tentazione di vendita illegale. Un cartello in bella vista alla cassa di un supermercato inglese nella contea del Lincolnshire era in tal senso più che chiaro: «Chi acquista alcol per conto di un minore rischia il carcere e/o una multa di 5000 sterline». Non oso immaginare cosa possa rischiare il negoziante che da quelle parti venda direttamente al minore, di certo molto più di 450 euro di multa.

Andrea Bucci Torino

Il provvedimento adottato dall’amministrazione comunale di Milano segue analoghi «giri di vite» già intrapresi da Comuni quali Monza e Roma, dove il Campidoglio ha firmato un protocollo d’intesa con Confcommercio e Confesercenti che prevede, appunto, il divieto di vendita agli «under 16». È argomento al quale abbiamo dedicato grande attenzione, con articoli di cronaca, un commento di Claudio Risé e, ieri, ancora una pagina interamente dedicata all’argomento. Si tratta di nuove normative motivate dal punto di vista sociale e della tutela della salute pubblica. Nei grandi centri, infatti, l’allarme è più che rosso, e i dati sono impressionanti: stando a una recente indagine condotta dall’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di Sanità, nelle serate di «movida» durante il weekend il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze di minore età bevono fino a sbronzarsi . Secondo l’analisi dell’Osservatorio, a incentivare il fenomeno è l’accresciuta disponibilità e accessibilità alle bevande (sono in aumento i minorenni policonsumatori che «sballano» in una sola serata con vino, birra, whisky, gin e tequila), l’abbassamento dei prezzi, la pubblicità. L’indice è perciò puntato contro il sistema distributivo degli alcolici, contro il circuito dei locali notturni dove ancora, ostinatamente, non si è voluto porre alcun filtro – né di legge né di coscienza – allo smercio. Quello è il ganglio strategico del problema, e lì era forse necessario agire per arginare un fenomeno che la dice lunga sul vuoto esistenziale, formativo e valoriale di tanti giovani, e che reclamava ormai misure serie. Certo l’effettiva applicabilità ed efficacia di tali prescrizioni sarà tutta da valutare, bilanci alla mano. E ben venga la puntuale recensione delle esperienze fatte all’estero. Ma un segnale andava lanciato, soprattutto agli adulti. Perché la questione – ripeto – resta eminentemente educativa.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI