Sono passati 100 giorni dal giuramento al Quirinale del governo dei tecnici guidato da Mario Monti. In questo breve – che così breve però non sembra – lasso di tempo, lo spread tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi è sceso di almeno 150 punti. Il Paese resta con l’acqua alla gola, ma almeno non è costretto a saltellare sulle punte ogni volta che ha bisogno di respirare. Sarebbe però fuorviante e ingeneroso giudicare l’operato di questo esecutivo solo sulla base del responso dei mercati. Vorrebbe dire che a dettare l’agenda degli interventi non è una visione riformatrice che appartiene al Paese e al suo Parlamento. Invece il governo Monti ha avuto il merito di entrare con il passo giusto in un cantiere già aperto da tempo, valorizzando il già fatto da chi l’aveva preceduto (che si chiami Sacconi o Bersani, Padoa Schioppa o Tremonti) e convincendo gli addetti a lavorare per un progetto condiviso. La prima vera novità dei 100 giorni è questa. Aver contribuito a costruire – pur tra comprensibili tensioni – una comune consapevolezza dell’importanza di darsi un grande obiettivo comune. È legittimo che vi siano opinioni diverse sul modo di far procedere la barca e sulla velocità di crociera, visioni anche profondamente discordanti. Ma dopo tanto tempo la sensazione è che le energie del Paese siano oggi al lavoro per riportare l’Italia sulla rotta giusta. Non è una novità di poco conto. E per certi versi si tratta di una trasformazione epocale considerato il costume politico della cosiddetta Seconda Repubblica. Un cambiamento al quale i media e l’opinione pubblica hanno cercato di adattarsi, non sempre riuscendovi al meglio. Perché la "stagione dei tecnici" ha introdotto una modalità inedita nel modo di far procedere le riforme: le cose avvengono in modo che tutti possano osservarne l’avanzamento, niente risulta nascosto o sospettosamente imposto. La trasparenza non è solo nelle retribuzioni dei ministri pubblicate sui giornali e su Internet, risiede anche nella fiducia che non intervengano trame occulte a condizionare l’operato di un governo.È questa l’altra novità che caratterizza il tempo dei "dilettanti della politica". Gran parte dei media non sono abituati a resoconti liberati dalla necessità di delineare oscure trame e chissà quali potenti condizionamenti. Rispondono a questa logica lineare la severa riforma delle pensioni, il ben percepibile rafforzamento della lotta all’evasione, il ritorno dell’Ici sulla prima casa o il cantiere aperto sul mercato del lavoro. Lo è anche il percorso di liberalizzazione di settori protetti, dove non si vede l’opportunità di indicare nel potere delle lobby la ragione dei tempi meno rapidi di un processo inevitabile. Sacrifici, tagli, tasse e misure di austerità che l’emergenza ha reso necessarie, ma che gli italiani stanno sopportando con grande fatica. Non sarà questa fase a far risalire il potere d’acquisto degli italiani, a restituire giustizia alla parte più debole dell’Italia, a far respirare alle famiglie del Paese reale il profumo dell’equità, ma questa transizione può e deve essere la premessa per quel recupero e quella ripresa progettuale. Che non può e non potrà fare a meno della politica, della grande politica e di partiti e leader all’altezza del loro compito e delle attese della gente comune.In 100 giorni Monti ha rimesso in ordine l’agenda del Paese e aiutato tutti ad allungare lo sguardo, ben oltre la soddisfazione per risultati immediati o l’angoscia per sacrifici non sempre sostenibili. Ha speso la sua reputazione e quella della squadra di governo, ed è questo che serviva veramente ai mercati, ma soprattutto a un’Europa senza direzione che ha ritrovato nell’Italia una parte necessaria, credibile e utile a sé e all’Unione. Ha posto una pietra tombale sul rissoso e inconcludente bipolarismo che avevamo sperimentato, riportando la politica – e non solo – a dibattere di cose veramente concrete. Questo è un governo "di" tecnici (e non è "dei" tecnici) e ha un tempo fissato, ma ha saputo restituire al Paese il dovere di immaginarsi su un tempo lungo. La politica sta riscoprendo, mentre ha delegato ai tecnici il lavoro più duro e un po’ sporco, una grammatica che aveva dimenticato. E questa alla fin fine, più ancora delle misure già varate o in via di esserlo, potrebbe essere l’ultima rivoluzionaria novità.