Roberto Algranati, Merano (Bz)
Le sue puntualizzazioni, caro Algranati, lasciano la porta aperta a una riflessione severa. Nella storia della Chiesa il rapporto fra magistero e modernità non è mai stato sbozzato con l’accetta, ma è sempre stato il risultato duttile del cammino della Verità – della dottrina e del dogma – non sopra né accanto, ma «nelle» vicissitudini del mondo e dell’epoca. Non a caso l’imminente encliclica di Benedetto XVI è dedicata a una questione centrale del nostro tempo: quella sociale, tema su cui la Chiesa ha molto da dire e da insegnare, a partire dal primato della persona umana nell’economia, nel lavoro, nella più equa ripartizione delle risorse e dei beni. Oggettivamente – se letta con attenzione e senza pregiudizi – la Dottrina sociale della Chiesa rappresenta oggi quanto di più avanzato vi sia in materia, e rappresenta un tesoro non solo per i credenti, ma per tutti gli uomini e per tutte le realtà mondane e politiche. Ma un simile patrimonio – che si dipana ormai da oltre un secolo, attraverso i documenti e l’opera di Leone XIII, Pio XI, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e ora di Papa Ratzinger – non è scaturito dal nulla, bensì dal confronto coi bisogni del mondo e coi grandi movimenti culturali dell’era moderna, di cui la Chiesa ha costantemente esercitato un vaglio, nello spirito dell’esortazione paolina: «Esaminate ogni cosa, e trattenete ciò che è buono» (1Ts- 5,21). Perché, quindi, stupirsi se due autorevoli personaggi – pur così diversi – della Chiesa, del clero e della cultura cattolica quali il cardinale Martini e il fondatore dell’opera San Raffaele, si spendano nel dialogo col mondo, magari affrontando tematiche ecclesiali 'sensibili' quali il celibato dei preti, i sacramenti ai divorziati, la natura della gerarchia? Il loro, ne siamo certi, è stato un tributo d’amore alla «barca di Pietro», per la quale nulla di ciò che è veramente umano è estraneo. Che siano queste le loro intenzioni, lo ha detto a chiare lettere lo stesso porporato, presentando il volume all’Università San Raffaele di Milano: «... Agli autori di questo libro stanno a cuore la glorificazione di Nostro Signore Gesù Cristo, Verbo incarnato; la vitalità e la vivacità della Chiesa, teneramente amata come una madre che merita tutto il nostro amore e tutto il nostro rispetto, e li merita insieme a quelle istituzioni, tra cui il romano pontefice e la comunione dei vescovi, pensate e volute da Gesù»... Entrambi intendiamo dare la nostra vita per una Chiesa più pura, più santa, più evangelica... Per questo è necessario uno spazio ampio di dialogo che permetta l’espressione franca di ciò che possa rendere questa Chiesa, più umile, forte, bella, attraente per coloro che vogliono seguire il Signore».
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