C'è troppo poco «verde» nella nuova Carta dei valori del Movimento 5s di Conte
Caro direttore, il tema della transizione ecologica sta tornando prepotentemente (e anche malamente) al centro del dibattito. E vale la pena di affrontarlo a partire dalla posizione preannunciata dalla forza politica, il Movimento 5 Stelle, che ha preteso l’istituzione di un Ministero intitolato appunto alla transizione ecologica e soprattutto in un momento in cui le sortire del titolare di quel Ministero provocano continui scossoni e fiammate polemiche anti-ecologiche. Quanta ecologia c’è, dunque, nella Carta dei princìpi e dei valori del nuovo M5s redatta da Giuseppe Conte?
La Carta ha alcuni pregi, tra i quali quello di richiamarsi alla Laudato si’, il testo social-ecologico più esplicito e autorevole degli ultimi decenni. La prima delle nuove 'cinque stelle', infatti, rappresenta i Beni comuni, un valore che l’enciclica di papa Francesco nomina trenta volte (al singolare, bene comune). La seconda stella è dedicata all’Ecologia integrale, che nella Laudato si’ è un importante capitolo ed è nominata dodici volte. La Carta dedica inoltre uno dei suoi tredici paragrafi alla sussidiarietà, concetto-cardine nella Dottrina sociale della Chiesa. Nella Carta 5 Stelle, però, manca la sostanza che permea tutta la Laudato si’, ossia la nostra responsabilità verso la giustizia globale, sociale ed ecologica, in un contesto in cui le interazioni tra i ceti più ricchi, quelli più poveri, le future generazioni e gli equilibri ecologici sono determinanti. In questo senso, la Carta 5 Stelle è piuttosto generica e sembra addirittura scritta decenni fa. Inoltre, il documento non fa cenno alle acquisizioni degli ultimi cinquant’anni, per esempio al concetto di antropocene e a quello dei 'limiti ecologici planetari', un po’ come se l’Italia non fosse connessa col mondo e la storia.
Alcune frasi somigliano a etichette su scatole dal contenuto ignoto. Per esempio: «Occorre rivoluzionare il nostro modo di pensare». Oppure: «Occorre un nuovo modello di sviluppo»
Il paragrafo Ecologia integrale, espressione coniata da papa Francesco, purtroppo non spiega il significato di 'integrale' ossia la necessità di fondere le dimensioni ecologica, sociale, economica, culturale e spirituale. Inoltre, dopo avere brevemente motivato l’Ecologia integrale la Carta non parla più di ecologia, dedicando quindi all’argomento solo il 5% del suo testo (145 parole su 2.900). Le Carte dei valori dei Grünen tedeschi, e di quelli austriaci, europei e globali dedicano all’ecologia in media il 16% delle parole. Queste ultime Carte, inoltre, sono contenute in Programmi fondamentali di un centinaio di pagine che hanno respiro ventennale e che sanciscono le grandi linee politiche su una cinquantina di argomenti, immersi in una matrice di trasformazione social- ecologica globale. Un Programma fon- damentale del M5s, invece, per ora non esiste e la sua Carta dei valori è invece contenuta in un lungo Statuto che regola il funzionamento del partito.
Ognuna delle cinque stelle della Carta è descritta in una decina di righe. E nel complesso l’ecologia è solo uno tra diciotto temi. Questa marginalità della questione ambientale anche per il M5s riflette l’abitudine delle classi dirigenti e dei media italiani di considerare la questione ecologica come una tra tante, invece di riconoscerla questione decisiva per l’umanità, all’interno della quale dovrebbero essere contenute gran parte delle altre questioni. Eppure, nel blog di Beppe Grillo di febbraio 2021, si puntava con ardore a una rifondazione ecologica del Movimento, al nuovo Ministero della Transizione ecologica (concepito e negoziato da Grillo con Mario Draghi), alla so- stenibilità social-ecologica e all’orizzonte del 2050. Non è certo un mistero che i temi ecologici ispirarono il Movimento ai suoi primi passi con le sue 5 stelle ambientali (per le elezioni comunali): Acqua, Ambiente, Energia, Sviluppo sostenibile, Trasporti. L eggiamo il testo del paragrafo della Carta 5 Stelle: «Ecologia integrale - È impensabile risolvere problemi quali l’inquinamento, il degrado ambientale, la dissipazione delle risorse naturali per mezzo di specifici, circoscritti interventi. Occorre rivoluzionare il nostro modo di pensare e privilegiare un nuovo modello di sviluppo che offra adeguate risposte ai bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare, a loro volta, i propri bisogni. Occorre superare i tradizionali modelli di sviluppo costruiti esclusivamente sugli indici di crescita della produzione, e affidarsi a un modello di sviluppo aperto a una nozione ampia e incisiva di prosperità, che garantisca condizioni effettive di benessere equo e sostenibile a tutti i membri della comunità, che contrasti gli sconvolgimenti climatici, che preservi la biodiversità e le risorse naturali, che sia imperniato su programmi e strategie di protezione degli ecosistemi e di promozione di una più elevata qualità dell’ambiente e quindi della comunità nel suo insieme».
Rispetto a ciò che si legge in Italia, questo paragrafo è un progresso. Eppure, si potrebbe fare di meglio. Alcune frasi, infatti, somigliano un po’ a etichette su scatole dal contenuto ignoto. Per esempio: «Occorre rivoluzionare il nostro modo di pensare » è una frase che molti farebbero propria, benché per i motivi più diversi. Ma quali sono il nuovo e il vecchio 'modo di pensare'? La risposta è nel prosieguo: «Occorre un nuovo modello di sviluppo». Quante volte abbiamo sentito questa frase? Ma qual è questo nuovo modello? Nel testo si parla di «crescita», non dei suoi limiti. E si invoca, inoltre, «una nozione ampia e incisiva di prosperità». Ma cos’è? Per esempio, per un guidatore di Suv la prosperità può voler dire più autostrade, per altri può volere dire più piste ciclabili.
Il paragrafo continua con «... adeguate risposte ai bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare, a loro volta, i propri bisogni». Ottimo. È la definizione Onu dello sviluppo sostenibile. Ma essa fu formulata nel 1987 così vagamente per permettere a chiunque di dichiararsi d’accordo. Questa definizione, inoltre riguarda la sviluppo in generale (socio- economico, ambientale, istituzionale) e non solo l’ecologia. Secondo la Carta dei valori 5 Stelle, infine, i benefici di un «nuovo modello di sviluppo» dovrebbero essere «per tutti i membri della comunità» e per «la comunità nel suo insieme». Quale comunità? Quella nazionale o quella globale? Non è la stessa cosa, perché gli interessi dei Paesi ricchi, come il nostro, sono spesso in conflitto con quelli dei Paesi poveri. Il paragrafo Ecologia integrale della Carta 5 Stelle parla, insomma, di ecologia solo con una decina delle sue 145 parole, e si concentra su riforme socio-economiche e sarebbe più adatto alla quinta stella, l’Economia eco-sociale di mercato.
Si parla di una «comunità» nazionale o globale? Gli interessi dei Paesi ricchi sono spesso in conflitto con quelli dei poveri
Alcune integrazioni del paragrafo sull’ecologia potrebbero essere le seguenti. « Viviamo nell’Antropocene, l’era in cui le attività umane sono diventate una forza geofisica che modifica la superficie del pianeta (...) Occorre cambiare il nostro modo di pensare, di produrre e di consumare (...) È necessario aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse e permettere così di ridurre nel suo complesso la scala delle attività materiali umane e specialmente di quelle più nocive. (...) «…un benessere equo e sostenibile per tutti gli abitanti della Terra, ora e in futuro ». (...) «Il contrasto degli sconvolgimenti climatici, la protezione della biosfera e (...) devono permettere all’umanità di operare in uno spazio sicuro, senza oltrepassare i limiti ecologici planetari».
Nel complesso, l’aspirazione del nuovo M5s a rifondarsi sulla trasformazione social-ecologica è meritevole e unica in Italia. In questo senso lavorano da anni con impegno e modestia tanti parlamentari 5 Stelle. Giuseppe Conte potrebbe cercare di imparare da loro e da chi si intende di social- ecologia. Nessun capo è più nobile di quello che sa che deve imparare da chi gli sta a fianco.
Morosini lavora con Beppe Grillo dal 1992 e ha insegnato politiche ambientali al Politecnico di Zurigo.