venerdì 1 giugno 2012
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Caro direttore,
riporto il brano dell’intervento a Radio Popolare del sindaco di Milano Pisapia: «Se entro quest’anno il Consiglio Comunale non deciderà, assumerò personalmente con la mia giunta la decisione sul registro delle unioni civili». E ancora: «Dopo il Papa ci sarà il Dalai Lama e tanti altri, noi abbiamo attenzione per tanti mondi diversi e poi prendiamo le nostre decisioni». Così il primo cittadino di Milano si è "smarcato" dalla visita di Benedetto XVI nella metropoli lombarda in occasione del VII Incontro mondiale delle famiglie, ribadendo indirettamente quale valore attribuisce, appunto, alle famiglie regolarmente fondate sul matrimonio, come riconosciuto dalla nostra Costituzione all’articolo 29.
 
Giovanni Martinetti
Ghemme (No)
 
Non so, caro signor Martinetti, se il sindaco di Milano abbia voluto «smarcarsi», come lei dice, dalla visita di Papa Benedetto. Spero di no, per lui, Giuliano Pisapia, e per il ruolo di rappresentanza e di governo cittadino che ricopre e che gli impone dei doveri di servizio e di accoglienza, non dei privilegi o un potere – diciamo così – di scortesia. Lo spero, ma non posso fare a meno di notare che, per intanto, il signor sindaco ha deciso di relativizzare e richiudere in un bozzolo di noncurante e radiofonica leggerezza il significato del ritorno del Vicario di Cristo come pellegrino tra la gente e tra le case di Milano, gente e case che, a loro volta, si sono aperte al mondo per lo straordinario Incontro internazionale delle famiglie promosso dalla Chiesa cattolica. Francamente trovo questo atteggiamento di Pisapia tanto poco elegante quanto – da ogni punto di vista – avventato. Proclamare il Papa uno «dei tanti» invitati o, bontà sua, ammessi nella città di Ambrogio e della Madonnina è una sortita semplicemente stupefacente e arrogante. Lo annoto con sincera amarezza e una delusione che ha a che fare più con la cultura e il tratto umano che con la fede o la politica.
Quanto all’annuncio reiterato del sindaco Pisapia di voler istituire un «registro delle unioni civili», penso che molti, a loro volta, penseranno che il sindaco di Milano non è stato ipocrita e ha ripetuto quel che tutti sanno e che sta scritto, nero su bianco, sul suo programma elettorale. Viva la sincerità, insomma. E, allora, sincerità per sincerità, dico che a mio parere il sindaco di Milano – nel pieno della grande e serena festa della famiglia che è scoppiata nel cuore stesso della città che amministra – ha deciso di sparare un "controcolpo" propagandistico. Lo ha fatto contando di mettere se stesso al centro del consueto polverone di applausi e fischi. E dando quasi per scontata una cortese indisponibilità delle voci del mondo cattolico a entrare in una qualche insensata polemica alla vigilia dell’arrivo del Papa. Anche questa, insomma, una mossa forse non ipocrita, ma niente affatto elegante e decisamente arrogante. Certo: il sindaco è uno, è unto dal voto popolare e agisce «personalmente», mentre gli altri – tutti gli altri, Papa compreso – sono i «tanti» più o meno da incrociare, tirando poi diritto. Mi viene da pensare a Manzoni, caro signor Martinetti. Certe virtù sono proprio come il coraggio: o uno ce le ha (e se le tiene strette, e le coltiva) o non se le può dare.
Marco Tarquinio
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