Caro direttore,
in merito al severo corsivo che Mimmo Muolo ('Avvenire', domenica 10 luglio 2022) ha dedicato al «decoro urbano» (che non c’è) della Città Eterna, mi viene alla mente una battuta di Giulio Andreotti a una trasmissione tv domenicale, più di trent’anni fa: «Dicono che Roma è sporca, ma chi la sporca? I piccioni? ». Cordiali saluti.
Antonio Passolunghi
No, caro amico, a sporcare Roma non sono solo e soltanto i piccioni. E neppure i gabbiani, che spadroneggiano dando la caccia ai piccioni e spargendo spazzatura per le strade. E neanche i cinghiali e i topi che sventrano o rosicchiano i sacchetti abbandonati fuori dei cassonetti... Insomma, è un insieme di cause che 'insudiciano' una delle città più belle e affascinanti del mondo, tre volte Capitale: dello spirito, della cultura e della politica. E certamente, come il collega Muolo ha annotato e lei rimarca, tra queste concause ci sono, purtroppo (e come premessa della congiura contro il decoro della Città Eterna), sia una larga e tutt’ora desolante inefficienza dei servizi civici di pulizia e di raccolta dei rifiuti sia la carenza di senso civico – o, se volete, di pura e semplice educazione – di troppi cittadini e turisti (non si sa questi ultimi se per indole o per contagio ambientale: la trascuratezza ispira trascuratezza). Certo, la giunta Gualtieri ha progetti imponenti per il problema dello smaltimento e della valorizzazione dei rifiuti. Sin troppo imponenti: ricordo i suggerimenti per una riposta più articolata e sostenibile illustrati su 'Avvenire' da Andrea Masullo già lo scorso maggio: «Come evitare un Giubileo coi rifiuti in strada a Roma». Ma non si può perdere di vista il fatto che il nodo serio e intricato da sciogliere è, sì, in fondo al percorso dei rifiuti, ma almeno altrettanto è ben prima di quella fase, nella quotidianità che insozza o custodisce decentemente il volto di una città.