venerdì 22 giugno 2012
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​Gentile direttore,
ho letto le lettere dei signori Guarnieri e Rocchi e la sua garbata, come sempre, risposta (Forum, 12 giugno). Per loro la fine della famiglia tradizionale è colpa di Bersani, «arrabbiato per il successo delle giornate milanesi delle famiglie». Nessuno, cattolico o laico, è arrabbiato per le giornate milanesi. Quelle famiglie rappresentano solo una parte delle famiglie: allegre, felici, capaci di vivere serenamente anche nelle difficoltà e nella sofferenza. Sarebbe bellissimo se fosse vero per tutte le famiglie. Quelle giornate bellissime non hanno cambiato di una virgola le difficoltà, le sofferenze, le insofferenze, le violenze che regnano nelle famiglie; da sempre il luogo dove avvengono la maggior parte delle violenze e degli omicidi. Non è Bersani che ha cambiato la famiglia, ma i messaggi trasgressivi, osceni, volgari della Tv, soprattutto commerciale. È la cultura del "Grande Fratello" che influenza gli adolescenti e i giovani. Nessuno e nessuna legge possono cambiare le coscienze che guidano verso una vita sana, giusta, secondo gli insegnamenti della Chiesa. Un credente non ha bisogno che sia una legge a obbligarlo a vivere cristianamente. L’ateo Bersani ha una famiglia sola, onesta e sana; non basterebbero tutti i fogli del mio paese per descrivere le dissacrazioni di chi si dichiara cristiano. Le leggi di un Paese laico e libero devono tener conto anche dei non credenti. Bersani, caro direttore, non parla di matrimonio fra omosessuali, ma di diritti fra persone che scelgono di vivere insieme. Ci sono persone che non hanno potuto essere vicine ai loro compagni o compagne, perché non unite per legge, nei momenti ultimi e drammatici della vita. Ho letto con rammarico la sua frase sul «disastro demografico». Sono altre le ragioni per cui nascono pochi bambini. Ma nel mondo nascono milioni di bambini in più di quelli che siamo capaci di accogliere, amare, nutrire. Riflettiamo..
Giovanna Comparelli
La sua riflessione è amara, gentile signora Comparelli. Ed è dolcemente severa, anche con me. Ne condivido l’idea di fondo (l’aggressione anche culturale contro la famiglia) e alcuni spunti (non tutti). Ho spiegato ormai molte volte perché il matrimonio secondo diritto naturale (e Costituzione italiana) è un istituto che non può e non dovrebbe mai essere "forzato" ad alcuna latitudine e sotto qualunque governo, nel nostro Paese e altrove. E non mi pare necessario ripetermi, neanche sulla praticabilità di vie non matrimoniali per regolare la vita in comune di persone dello stesso sesso. Avverto solo (rimandando al documentato "pro-memoria" di Tommaso Scandroglio che abbiamo pubblicato il 14 giugno scorso) che non si possono considerare alcuni casi di insensibilità umana e di ottusità para-burocratica che, di quando in quando, funestano la vita e la morte di persone non sposate (ma anche sposate...) come la regola, visto che prassi e regola anche in Italia a proposito di vicinanza a chi è malato e soffre sono ben altre. Vorrei, però, farle notare che non una – ribadisco: non una – delle nostre (e non solo nostre) argomentazioni a civile difesa del matrimonio uomo-donna e della famiglia che naturalmente genera è di tipo dogmatico o strettamente da credenti e da credenti cattolici. Mi consento poi, due postille. La prima da cattolico: mi sento fratello in Cristo (e in umanità) di ogni altra persona e mi sento cittadino del mondo, un mondo tuttavia che non so (e non voglio) neanche pensare senza più italiani (che non sono tali perché hanno pelle e tratti somatici tutti uguali, ma perché in una diversità felice, antica e oggi più percepibile sono figli della stessa terra e di una straordinaria cultura comune). Per questo anch’io chiedo che si reagisca all’attuale «disastro» demografico. La seconda postilla è da padre: non so (e non voglio) rassegnarmi all’idea di "mondi" dell’uomo e della donna che – come lei conclude – i figli (quelli nati e quelli non ancora nati) «non accolgono, non amano e non nutrono». "Mondi" che contemporaneamente, proiettandosi su nuove orbite del desiderio che si fa capriccio, altri figli pretendono e perfetti li pretendono e, magari, se li fabbricano in laboratorio, a misura, secondo catalogo, senza padre o senza madre, o con solo padri e solo madri, o con troppi genitori (tre, quattro) per essere giusti e veri... Eh sì, cara signora Comparelli, ci sono belle storie di famiglie e di persone che si scrivono e si raccontano pur nella fatica di vivere, altre sono complicate e altre ancora tristi. Per rispettarle tutte non serve affermare che tutte le storie sono uguali. Soltanto le persone lo sono.
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