Marinella Ciriaco
Sottoscrivo anch’io la considerazione finale espressa dall’editoriale di Le Monde, se non altro perché ripropone un interrogativo tante volte sollevato discutendo il problema dell’espansione del lavoro domenicale nel nostro Paese. Quale modernità, quale libertà, quale progresso, quale sostanziale miglioramento della vita si ottiene con l’apertura sempre più indiscriminata dei negozi nei giorni festivi? Stento a vederne, mentre i rischi - proprio quelli segnalati da "Le Monde" - sono concretissimi. L’apertura dei negozi anche la domenica si traduce in lavoro che per qualcuno è "forzato" (mentre in Francia, almeno formalmente, è tutelata la volontarietà della prestazione) e nella frantumazione dei rapporti che avevano nel giorno festivo l’occasione naturale di espressione. Tutte ragioni laicissime, com’è laico il giornale francese da lei citato, alle quali il richiamo alla dimensione religiosa della festa aggiunge ulteriori elementi di perplessità (e anche obiezioni sostanziose). Ma rimanendo in territorio "laico", mi chiedo se chi caldeggia il proliferare sempre più indiscriminato di queste aperture abbia davvero fatto dei conti economici accurati. Ammesso che in alcune situazioni possa trattarsi di un servizio apprezzato e gradito - in particolare le località ad elevata vocazione turistica specie nel periodo estivo -, mi pare che ci siano tante altre situazioni in cui l’unica cosa certa è l’aumento dei costi per l’esercizio commerciale senza alcuna garanzia di incrementi significativi di fatturato e con la controindicazione grave del disappunto dei propri dipendenti. Un fenomeno che, riverberandosi sui prezzi di vendita, ha in prospettiva, per tutti i prodotti non alimentari, l’effetto di aumentare il vantaggio degli operatori via Internet. Nel nostro Paese la loro quota di mercato è ancora esigua, ma è in costante crescita. Forse per il commercio è meglio scegliere altre strade che non spremere i propri dipendenti.
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