È in corso da tempo una preoccupante campagna disinformativa sul latte, che sta creando allarme nei consumatori italiani. I dubbi più frequenti riguardano la quantità e ci si chiede se se ne beve poco o troppo, ma il quesito più importante riguarda il suo consumo: fa bene o fa male? Per fugare ogni dubbio, diciamo subito che no, non fa male, tranne che agli allergici e agli intolleranti. A questo infondato allarmismo ha contribuito il veganesimo, che può arrivare a sconsigliare il consumo di latte fin dalla prima infanzia, quando i neonati vengono definiti proprio 'lattanti', con riferimento all'unico alimento idoneo per loro.
Le accuse contro il latte (oltre che alle proteine di origine animale in generale) toccano un po’ tutti gli ambiti patologici, sconfessando ogni evidenza scientifica. Un certo tipo di visione del mondo ha l’orgoglio di reputarsi performante, quindi è la scienza che deve adattarsi alle loro teorie. Un’assurdità inapplicabile, che crea un largo campo di accuse senza solide basi, come tacciare il latte di causare di svariate patologie. Naturalmente tutti siamo in attesa delle evidenze scientifiche a supporto di certe tesi, che tuttavia tardano ad arrivare. Nel frattempo si creano allarmismo e confusione, con alcuni media e alcuni siti internet che fanno da cassa di risonanza.
La conferma scientifica della bontà del latte arriva da un corposo studio scientifico pubblicato sulla rivista Lancet: «Associazione fra consumo di latticini e malattie cardiovascolari e mortalità in 21 paesi di cinque continenti (PURE - Prospective Urban Rural Epidemiology): uno studio prospettico di coorte», di Mahshid Dehghan et all. in Canada e in altri Paesi. La prima e la seconda fase dello studio hanno incluso 136.384 soggetti dai 35 ai 70 anni di età che disponevano di informazioni complete sulla propria dieta. I partecipanti provenivano da 21 paesi (Argentina, Bangladesh, Brasile, Canada, Cile, Cina, Colombia, India, Iran, Malesia, territori palestinesi occupati, Pakistan, Filippine, Polonia, Sudafrica, Arabia Saudita, Svezia, Tanzania, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Zimbabwe), e avevano eseguito almeno una visita di follow-up.
Si è dimostrato che il latte non solo resta una fonte privilegiata e difficilmente sostituibile di calcio, ma che il suo consumo nell’ambito delle raccomandazioni sia associato a benefici per la nostra salute che vanno ben al di là del semplice contributo allo scheletro. Quindi, dovremmo senz’altro consumarne di più, anche perché in Italia siamo ben al di sotto delle quantità raccomandate: tra latte e yogurt arriviamo a stento ad una porzione al giorno (125g), contro le 2-3 raccomandate. Dovremmo consumarne almeno il doppio. Le Linee guida consigliano 250-375 grammi di latte o yogurt nella popolazione adulta. Anche perché circa il 50% dell’apporto quotidiano di calcio deriva dai prodotti lattiero caseari. Oltretutto si tratta di un calcio a buon mercato, infatti ci costa poco sia sotto il profilo delle calorie, sia in termini economici. Un aspetto da non sottovalutare in tempi di crisi.
Nell’ambito di questo ampio studio sono state riscontrate associazioni inverse fra consumo totale di latticini e mortalità o eventi di malattia cardiovascolare maggiore, mentre anche il rischio di ictus rilevato era notevolmente inferiore con l’aumentare del consumo giornaliero di latticini. Non è stata osservata alcuna associazione fra maggiori livelli di assunzione latte e derivati e infarto del miocardio (spauracchio più volte paventato dai detrattori). Questi studi confermano invece che l’assunzione di latticini può influire positivamente sulla mortalità e la prevenzione della malattia cardiovascolare, soprattutto in Paesi a reddito medio e basso in cui i livelli di consumo sono molto inferiori al Nord America e all’Europa.
Le attuali linee guida sull’alimentazione raccomandano un consumo da due a quattro porzioni di latticini a basso contenuto di grassi o totalmente magri. L’attenzione per il basso tenore di grassi deriva principalmente dal presunto impatto negativo di acidi grassi saturi su un unico indicatore di rischio cardiovascolare, il colesterolo LDL (o 'cattivo') e dalle preoccupazioni sul maggiore apporto calorico degli alimenti ad elevato contenuto di grassi. Gli acidi grassi dei latticini contengono acidi grassi a catena media e a catena ramificata e il loro effetto sulla salute può essere diverso da quello dei grassi saturi della carne e delle carni lavorate (soprattutto acidi grassi a catena lunga).
I benefici potenziali derivanti dal maggiore consumo di latticini possono essere particolarmente rilevanti nei Paesi in cui l’ictus è relativamente più comune, come la Cina o l’Africa. Inoltre, questi Paesi hanno basso consumo di latticini ed elevato rischio di ipertensione, ed entrambe le patologie potrebbero essere ridotte incrementando l’assunzione di prodotti lattiero-caseari. Il maggior consumo di latticini non ha mostrato di influire sui livelli di colesterolo LDL, ma è risultato associato con minori livelli di trigliceridi nel sangue, riscontro che potrebbe spiegare il minore e non significativo rischio di infarto miocardico evidenziato dallo studio. Le precedenti meta-analisi di studi di coorte hanno rilevato un rischio inferiore di circa il 10% di malattia cardiovascolare e del 13% di ictus in presenza di più elevati consumi di latticini: questo riscontro è in linea con le osservazioni di questo studio PURE e nessuno studio a lungo termine ha evidenziato un aumento delle malattie cardiovascolari e della mortalità associato al consumo di latticini nei Paesi a basso e medio reddito.
Analizzando varie ricerche si vede che non è mai stata riscontrata alcuna associazione fra consumo di latticini e mortalità totale o diversi tipi di cancro. L’osservazione che il consumo di yogurt mostra un’associazione inversa con i rischi di mortalità e di eventi di malattia cardiovascolare è in linea con quanto rilevato da due ampi studi di coorte, che hanno evidenziato un livello di circa il 10% inferiore di mortalità e malattia cardiovascolare in associazione all’elevata assunzione di yogurt.
Il maggiore consumo di acidi grassi saturi di origine lattiero-casearia si è rivelato associato a un minore rischio di mortalità totale e di eventi cardiovascolari anche nello studio Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis, che ha riferito un rischio di malattia cardiovascolare inferiore del 21% per ogni 5 grammi di aumento dell’assunzione di acidi grassi saturi da latticini al giorno. Uno studio di coorte svolto su soggetti svedesi di 70 anni ha evidenziato un minore rischio di mortalità tra le persone che avevano un’assunzione più elevata di grassi di origine casearia. Perché il maggiore consumo di latticini potrebbe essere correlato con una riduzione delle malattie cardiovascolari e relativa mortalità? Perché esistono vari composti e meccanismi negli alimenti lattiero-caseari che potrebbero avere un effetto positivo sulla salute. Gli studi meccanicistici hanno dimostrato che diverse caratteristiche dei latticini influiscono su svariati fattori, come gli enzimi di conversione dell’angiotensina, l’osteocalcina, le interazioni con il microbioma intestinale, come l’integrità intestinale e l’endotossemia.
Ciò che preme sottolineare in questi casi è che è più importante avere un’alimentazione equilibrata negli apporti nutrizionali e varia negli alimenti, invece che glorificare un particolare cibo o demonizzarne un altro. Purtroppo la nutrizione è diventata un fenomeno alla stregua dello sport calcistico: tutti possono fornire soluzioni uguali e contrarie esattamente come gli schieramenti contrapposti da stadio. Ne consegue che, come insegna 'L’arte di ottener ragione' di Schopenhauer, chi urla più forte vince, ovvero ci si attribuisce una vittoria arbitraria urlata. La scienza non ha bisogno di urlatori, ma di ricercatori dai seri propositi, in grado di aiutare il genere umano. Fin qui un solo prototipo di stile alimentare ha superato tutti gli step dimostrativi scientifici: la dieta Mediterranea.