venerdì 28 febbraio 2014
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Caro direttore,
c’è qualcosa che mi sfugge. In Italia mai nessuno è responsabile di alcunché. Il caso del sindaco di Roma, Ignazio Marino, è emblematico, ma quel che dico e scrivo vale per ogni caso simile. Si è, dunque, scoperto che il Comune di Roma è in acque economico-finanziarie disastrose (piogge a parte). Ma davvero lo si scopre solo ora? Davvero il signor sindaco non si era informato prima, per capire se sarebbe o non sarebbe stato in grado di fare qualcosa di buono? Delle due l’una, o il sindaco Marino abbandona, oppure denuncia per appropriazione indebita chi c’era prima di lui, il quale a sua volta denuncerà gli altri predecessori. Ci sarà pure qualcuno che ha incominciato a terremotare il bilancio della capitale! Ci sarà qualcuno tenuto a risarcire… Mi raccontava una signora peruviana (quindi non una persona che abita in Svezia) che nel suo Paese quando crolla qualcosa e ci sono morti o danni, si vanno a cercare i responsabili e chi ha fatto e firmato i progetti, anche decine di anni prima. È un po’ come la Sanità piemontese. Chiunque arriva scopre che è in deficit: la colpa è di quelli "di prima"; tutti a parole "risanano", ma chi arriva dopo ritrova un deficit intatto o, spesso, maggiore. E si ricomincia. Ma esiste o no una Corte dei Conti che certifica e che può permetterci di capire come stanno le cose nella realtà?
Gianni Felisio, Torino
Non è certo stato il sindaco Marino a inventare il deficit di Roma, ma è lui che si è candidato a governare la città e, vincendo le elezioni, si è guadagnato sul campo la possibilità di dimostrare che si possono utilizzare bene le risorse pubbliche e spendere come si deve le copiose tasse locali che anche i cittadini romani pagano. Impresa ardua, ma non impossibile. Che imporrebbe di mettere mano a un sistema di sprechi e di inveterata inefficienza dei servizi (da quello del controllo "di prossimità" del traffico a quello della pulizia delle strade e della raccolta dei rifiuti) che sporca un tessuto urbano straordinario per bellezza e ampiezza e che impaccia la vita quotidiana dei cittadini e dei milioni e milioni di persone che arrivano per lavoro, turismo e pellegrinaggio in questa città unica al mondo che è due volte capitale, dell’Italia e della Cristianità. Marino, ieri, ha detto chiaro e tondo: «Roma ha sperperato per decenni. Io non voglio più spendere neanche un euro che non sia messo a bilancio». Non è esattamente quella precisa e circostanziata denuncia dei predecessori sregolati che lei, caro signor Felisio, auspica a Roma come nel suo Piemonte, ma è comunque qualcosa ed è soprattutto un impegno. Che giustifica il robusto "soccorso" finanziario che lo Stato si prepara a riconoscere ancora una volta all’amministrazione capitolina, dopo la decadenza del cosiddetto "decreto salva Roma". Il sindaco parla di un provvedimento "onora Roma". Buona immagine, che merita una buonissima sostanza. E che, dunque, dovrebbe indurre il sindaco stesso, i suoi assessori e tutti i reggitori dei Municipi romani (che altrove si chiamano circoscrizioni) a concentrare attenzioni e risorse su ciò che è davvero e urgentemente utile alla città e alla gente, senza inseguire obiettivi che con la sana e corretta amministrazione, nel rigoroso rispetto di leggi e competenze comunali, nulla c’entrano. Qualcuno penserà che iniziative propagandistiche su "gender" e registri vari per affermare confusamente nuovi "diritti" siano a costo zero. Ma non è così, in nessun senso. Anche tutto questo produce divisioni e sprechi, ulteriori e autentici deficit.
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