«I fratelli hanno ucciso i fratelli: questa orrenda novella vi do», scriveva il poeta nella Battaglia di Maclodio. 200 anni dopo il pensiero va alla guerra e a ogni altro fatto d’orrore e di sangue
Caro direttore,
dal nostro inviato di guerra alla battaglia di Maclodio, 11 ottobre 1427, Alessandro Manzoni, riceviamo (400 anni dopo): «I fratelli hanno ucciso i fratelli /questa orrenda novella vi do». Dalle news di oggi, domenica 3 luglio 2022, dall’Ucraina: dichiarazione di un ufficiale russo (oppure ucraino, non vedo la differenza tra gli esseri umani): «Oggi abbiamo ucciso cento soldati ucraini» (oppure russi, non vedo la differenza). Dalle notizie di un giorno qualunque: «Un marito ha ucciso la moglie. Un terrorista si è fatto esplodere nel mercato uccidendo 15 persone. Un giovane 18enne, col fucile che aveva appena comprato, ha sparato nella scuola che aveva frequentato, negli Usa, e ha ucciso 19 bambini». Vedete voi una differenza tra l’azione di quell’ufficiale, di quel marito, di quel terrorista e di quel giovane pluriassassino? Io non la vedo. Perché, direttore, i media ne parlano in modo così estremamente diverso?
Enrico Peyretti
Perché? Già, perché vengono usati linguaggi mediatici profondamente diversi quando si parla di fatti di sangue e di morte differenti eppure accomunati dal fatto di essere causati da una precisa intenzione di uccidere? Un grilletto tirato, una bimba fatta esplodere, una lama vibrata, un ordine impartito... Perché, caro professor Peyretti, quando i committenti, i mandanti o, se si vuole, i somministratori della morte sono gli Stati, anzi lo Stato o il gruppo di Stati che sentiamo “nostri”, allora anche l’atto di ammazzare può diventare un atto eroico e deve essere percepito come tale. E naturalmente ogni parte contrapposta ha i suoi eroi e le sue propagande, anche se non tutte le parti sono assolutamente uguali. Tanti di noi sono ancora impregnati di questa “cultura” bellica e della “giusta” dose di violenza che le è funzionale: per qualcuno è liberante, per altri resistente, per altri ancora semplicemente virile, maschia. Io so – sono arrivato alla conclusione – che chi spara, chi trafigge, chi in qualsiasi modo deliberatamente uccide per difendere la vita di persone e cose che ama può essere capito anche se non dovrebbe essere esaltato, mentre chi assassina con qualunque metodo, per atroce e distruttiva intenzione, va condannato senza esitazione. Sono però convinto quanto lei che ci servirebbe la pura e semplice saggezza di Manzoni che due secoli fa seppe cantare con lineare incisività l’orrendo fratricidio della guerra. Di ogni guerra. Su “Avvenire” facciamo cronaca non poesia (anche se non neghiamo, ogni tanto, speciale spazio anche alla poesia), ma abbiamo molto chiaro che ogni giorno di guerra e ogni vita umana spezzata e sprecata sono una fine del mondo. Che si compie e che si minaccia.