Mi sembra utile un’ulteriore e breve riflessione sulla vicenda dei neutrini superveloci. Non mi riferisco al modo superficiale e in certo modo "catastrofico" – per la fisica e per il buon Einstein – con cui i mass media hanno commentato la notizia della misura realizzata sui fasci neutrinici dal Cern al Gran Sasso. Questo non sorprende più di tanto, perché nel nostro Paese – tranne poche eccezioni – la cultura scientifica è purtroppo crollata ormai da tempo su tutti i media, dalla carta stampata alla tv, e anche presso testate di prestigio.Mi riferisco piuttosto al fatto che diversi giornalisti di "area cattolica", o comunque favorevoli ad una visione del mondo illuminata dalla fede in un Dio Creatore, sembra abbiano voluto cogliere la palla al balzo per mostrare le pecche della scienza, la sua inaffidabilità, la sua
hybris, che le misure del Gran Sasso finalmente smascheravano. La scienza non avrebbe dovuto più inalberare certezze perché non ce l’ha, hanno tuonato la maggior parte dei commenti. La fede può stare tranquilla perché gli scienziati sbagliano. Sbagliano a pensare che le teorie della relatività (al plurale) sono vere. E dunque sbagliano anche quando si propongono come depositari della verità, magari dicendo che Dio non esiste perché le loro equazioni lo hanno dimostrato. Si reciti dunque un
Te Deum di ringraziamento ai rivelatori quantistici del Gran Sasso. La scienza è debole, dunque la fede può restare forte.Mi si perdoni la retorica, ma ritengo che valga la pena ricordare – anche a questi amici credenti – che la ricerca scientifica è un’«impresa di verità», anche quando perfeziona le proprie teorie; che una visione del tutto convenzionalista e relativista della conoscenza scientifica può essere stata propagata da non pochi filosofi della scienza del Novecento (che non hanno mai fatto una misura o un’osservazione scientifica in vita loro), ma non è stata mai di casa nei laboratori dove si fa ricerca e dove si è disposti a trascorrere notti insonni perché si è convinti che esista una verità che valga la pena di cercare. E vorrei ricordare ancora a questi amici credenti di non farsi impressionare troppo da qualche scienziato-imprenditore che in combutta con la grancassa mediatica scrive libri affermando, a casa nostra o in altri Paesi, che la scienza dimostra che Dio non esiste. Gli uomini di scienza, la gente che fa ricerca, sono ben altri. Occorre conoscerli, parlare la loro lingua, capire come lavorano. E ci convinceremo che in un mondo come il nostro, dove così pochi parlano di verità e sono disposti a sacrificarsi per trovarla, gli scienziati stanno dalla nostra parte, e in non pochi casi li abbiamo a fianco nelle nostre comunità, perché sono cristiani come noi. Ascoltiamoli e parliamo loro di Dio come di Qualcuno che possono lodare facendo scienza, non come un antagonista.