Gentile direttore,
sono mesi che l’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina ci perseguita e ci angoscia ogni giorno di più, si dilata in prospettive sempre più vaste e complicate, ci proietta verso minacciosi orizzonti. Mi sono chiesta: se fossi un’ucraina, che cosa penserei e che cosa direi a Putin? « Ma infine, quanta terra serve a un uomo?». Due metri x 0,50 e qualche palata di zolle, così per tutti. Allora caro Putin sai che ti dico? Prenditi la mia terra, io cercherò altra terra dove gettare semi di grano, di mais e di girasole e a ogni nuova stagione vedrò nascere gli steli, germinare l’orzo, sentirò di nuovo frusciare le spighe e le pannocchie al vento dell’estate e seguirò la danza dei girasoli sotto la calda luce di luglio. I miei bambini dimenticheranno la paura e alzeranno lo sguardo verso cieli sereni e azzurri, non più grigi di polvere e di fumo; i loro occhi cercheranno di nuovo il ritorno delle cicogne e non sentiranno più il cuore battere forte per gli scoppi dei razzi, dei missili e per il rombare dei carri armati. E non piangeremo più per giovani soldati morti, per gli amici perduti, le famiglie divise, le case distrutte. Prenditi la nostra terra, ma non potrai toglierci i ricordi, le tradizioni, i costumi, gli inni e le nostre canzoni; saremo sempre figli della nostra patria e un giorno futuro torneremo con i nostri figli e dirò loro: ecco, questa era la casa dei nonni, la scuola dove ho studiato, il campo dove giocavo, la chiesa dove mi sono sposata... Ma saremo vivi e avremo molte cose da raccontare e un futuro di speranze dopo un passato di paura e di dolore. La pace può anche richiedere un sacrificio presente, ma se diventa obiettivo di tutti può diventare un domani di ricostruzione e di vita nuova. Un sogno impossibile? Un pensiero irrealizzabile? Forse. Ma parte da una realtà indiscutibile: quanta terra serve a un uomo? A lei e a tutti i suoi collaboratori un sentito grazie per il quotidiano impegno giornalistico.
Giulia Borroni Cagelli
Già, quanta terra serve a un uomo? E quando ci decideremo a fare i conti con tutti gli orrori bellici di cui abbiamo costellato la nostra storia? Lei certamente sa farlo, cara amica. Con delicatezza poetica e niente affatto rassegnato realismo. E mi dà molto da pensare che ci sia ancora un buon numero di nostri contemporanei e concittadini incline a pensare che l’ispirazione profonda che genera parole come le sue sia una resa, e non una forma di resistenza all’ingiustizia, alla sopraffazione e alla morte. Invece lo è: ed è la resistenza più alta, più umana e più cristiana.