sabato 27 giugno 2009
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Caro Direttore, tra pochi giorni il Papa farà conoscere la sua terza enciclica, che le anticipazioni dicono trattare anche della crisi. Propongo all’attenzione di Avvenire queste poche righe. «Ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento. Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il denaro, la fanno da padroni; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare. Una tale concentrazione di potere, che è quasi la nota specifica (db) dell’economia contemporanea, è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè, spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza. A sua volta poi la concentrazione stessa di ricchezze e di potenza genera tre specie di lotta per il predominio: dapprima si combatte per la prevalenza economica; poi si contrasta accanitamente per il predominio sul potere politico, per valersi delle sue forze e della sua influenza nelle competizioni economiche; infine si lotta tra gli stessi Stati. Conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica sono quelle che vedete e deplorate; la libera concorrenza è stata distrutta; alla libertà del mercato è subentrata l’egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l’economia è così divenuta orribilmente dura, inesorabile, crudele. A ciò si aggiungono i danni che sgorgano dalla deplorevole confusione delle ingerenze e servizi propri dell’autorità pubblica con quelli della economia stessa: l’abbassarsi della dignità dello Stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizione umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento al solo bene comune e alla giustizia. Nelle relazioni internazionali, da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente: il nazionalismo o anche l’imperialismo economico; e non meno funesto ed esecrabile, l’internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro, per cui la patria è dove si sta bene». Chi le ha scritte? Fu Pio XI, nel maggio 1931, nell’enciclica «Quadragesimo Anno». Il problema di allora assomiglia a quello di oggi. Come mai lo capiscono soltanto i Papi?

Ruggero Sangalli

In effetti, caro Sangalli, è impressionante constatare la forza profetica delle parole di Papa Ratti, prendere atto della sua straordinaria profondità di lettura della modernità e dei pericoli in essa contenuti. Un documento magisteriale che intendeva attualizzare la Dottrina sociale della Chiesa, il cui esordio si era avuto con la « Rerum Novarum » di Leone XIII, promulgata appunto quarant’anni prima, nel 1891. La « Quadragesimo » vide dunque la luce in tempi difficilissimi, quelli immediatamente successivi alla crisi delle borse del 1929: il primo grande crollo del capitalismo internazionale, che gettò nella povertà milioni di persone, preparando – in Europa – il terreno alle dittature e quindi al secondo conflitto mondiale. L’analisi di Pio XI mantiene, come si vede, un’intatta e indubbia attualità di fondo nella sua critica a un’economia eretta a vitello d’oro, a idolo e moloch da anteporre ai diritti dell’uomo e delle formazioni sociali basilari. Un’attualità così pertinente da far sembrare il testo, almeno nel passo da lei citato, redatto in questi nostri giorni: pare una fotografia di questo inizio millennio caratterizzato da disparità globali evidenti e scandalose, da sempre maggiori concentrazioni della ricchezza nelle mani di pochi potentati finanziari, col pianeta sottoposto a scossoni economici tali da mettere a repentaglio l’esistenza di miliardi di persone. Uno scenario al quale urge porre dei correttivi, anche prestando ascolto alla voce di una Chiesa che continua a confermarsi « esperta di umanità » e tutrice della dignità di ogni persona.

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