martedì 17 marzo 2015
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Gentile direttore,prendo lo spunto dell’assoluzione dell’ex cavaliere Silvio Berlusconi nel cosiddetto “processo Ruby” per fare una piccola riflessione. È un’assoluzione, come dice anche lei, che divide. Ma perché divide? Se il predetto leader politico avesse veramente compiuto quei reati per cui è stato sottoposto a processo, tutti dovremmo essere d’accordo nel condannare e considerare l’assoluzione ingiusta. Se, invece, quei reati non avesse compiuto, dovremmo tutti essere felici dell’assoluzione. Non ci sarebbero chi ride o chi ride amaro, ma solamente chi ride contento per la giustizia fatta. È un modo curioso di ragionare nel nostro Paese! Il problema è sempre lo stesso: vedere o meglio stravedere le cose secondo il proprio punto di vista e non in base alla realtà. Un problema che investe tutti, ma soprattutto gli organi d’informazione, che pur dichiarando di non volere sostituirsi ai giudici, praticamente condizionano e orientano i giudizi. È un fatto molto riprovevole, che riduce l’Italia al livello di un Paese poco civile e poco democratico. Tutt’altra cosa è il comportamento morale dei cittadini, sotto ogni aspetto. Tutti, io credo, vorremmo essere governati da persone sobrie e oneste, moralmente e culturalmente di esempio, specie per quanto riguarda la correttezza di comportamento. O no?Angelo Todeschini, Zimella (Vr)
Caro direttore,con gli interventi del cardinale Bagnasco, del vescovo Galantino e la sua risposta a due lettori su “Avvenire” del 13 marzo in merito alla sentenza sul caso Ruby–Berlusconi, è stato ricordato e chiarito che la sentenza della Cassazione non cancella la responsabilità politico–istituzionale e morale dell’ex presidente del Consiglio, che nella sua villa di Arcore ha consentito «atti di prostituzione», come ha riconosciuto la sua difesa in Cassazione. Atti non rilevanti penalmente ma che, in assenza della sanzione morale della società, portano al degrado etico pubblico e privato, incidendo in particolare sui giovani. Il 23 dicembre 2010 Berlusconi dichiarò pubblicamente da presidente del Consiglio in carica: «Io sono un esempio per tutti, per i giovani. Lavoro tanto, dormo quattro ore a notte e se una volta al mese metto insieme gli amici e se c’è qualche bella ragazza, credo che faccia piacere a me e ai miei amici». Lei commentò criticamente già allora. In una recente intervista il cardinale Cottier, grande teologo (emerito) della casa pontificia, ha sottolineato a sua volta che «la legge civile è una cosa la legge morale è una altra cosa e va al di là delle norme previste dai Codici Civili». Penso che tutti i cattolici, e in particolare quelli impegnati in politica, dovrebbero riflettere sui fatti accertati e non contestati dagli avvocati della difesa dell’ex Cavaliere. Spero che si torni a comprendere lo scarto che purtroppo spesso emerge tra legge morale e legge civile.Luigi Palladino, S. Donato Milanese
Sono spesso tentato di trarre conclusioni simili a quelle del signor Todeschini. Ma mi ostino a non perdere la speranza che i nostri concittadini, comunque parteggino politicamente e comunque votino, siano in grado di mantenere uno sguardo limpido e saldi parametri di giudizio sullo stile di vita e di servizio alla comunità nazionale di un uomo politico. Che si chiami Silvio Berlusconi o in altro modo. Chi non legge questo giornale probabilmente non sa – per esempio – che "Avvenire" non partecipa per motivata e ribadita scelta, e per ferrea determinazione di chi lo dirige, alla divulgazione a tappeto di intercettazioni telefoniche, soprattutto se pruriginose e di nessuna rilevanza penale. Magari non sa nemmeno che da queste colonne, anche per la penna del direttore, si è criticato l’andamento "a orologeria" di alcune vicende giudiziarie. E chi si nutre della disinformazione propalata da giornali che non di rado fanno uso di aggressiva volgarità per confezionare pezzi e titoli tesi a deformare la vita e le opinioni altrui, è indotto forse a pensare che quello sia il metro generale e anche su queste pagine si confezionino articoli e articolino giudizi con la stessa pessima stoffa della faziosità preconcetta. No, c’è un’informazione diversa e noi siamo arcicontenti di essere tra quelli che continuano a farla, per convinzione e per la salda libertà che ci garantisce il nostro editore. E allora, tanto per la cronaca, ricordo che le sagge espressioni usate dal presidente e dal segretario della Cei sono già risuonate più volte in questi anni. E che io stesso scrissi già nel 2010, l’11 novembre per l’esattezza, cose analoghe a quelle che ho messo in pagina nei giorni scorsi. E ricordo anche che le parole che rivelano uno "stile" tenuto dall’ex premier – il signor Palladino ne cita alcune, con esattezza – non sono frutto di intercettazioni rubate, ma di affermazioni pubbliche sue e degli avvocati che lo assistono da tempo. Poco più di quattro anni fa, proprio nel fondo che ho già richiamato, scrivevo: «Non ci piace guardare dal buco della serratura (…), ma lo sguardo che riserviamo ai fatti della nostra politica è diretto e attento». Mi concentravo anche allora su un particolare che ritengo istituzionalmente e moralmente pesantissimo: la telefonata di un capo di governo a un funzionario dello Stato per ottenere la fine immediata di un fermo di polizia. Riportavo, poi, frasi di Berlusconi: «Amo le donne (…) e, ogni tanto, sento il bisogno di una serata distensiva (…) fa parte della mia personalità e non c’è nessuno che può farmi cambiare uno stile di vita di cui sono convinto». Certo, nel campo del lecito, nessuno può obbligare nessuno a nulla. Per i fatti di coscienza ognuno, se cattolico, se la vede con Dio e con il proprio confessore. E per chi cambia, come ci ricorda il Papa, c’è sempre perdono e festa. Ma chi rappresenta e serve lo Stato deve qualcosa, anche in fatto di stile, pure ai propri concittadini. Il modello, per me, e non solo per me, è quello offerto da Alcide De Gasperi o da Aldo Moro (di cui proprio ieri abbiamo ricordato il rapimento accompagnato dalla strage degli uomini della sua scorta da parte delle Br). Chi non ne è capace, può pure dedicarsi ad altro.
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