Caro Avvenire,
anche stanotte da un’auto scaricano i manifesti di uno dei candidati alle prossime elezioni regionali e cominciano ad attaccarli. È circa l’una. Finito il lavoro i giovani risalgono in macchina e se ne vanno. Senza sapere che il loro sforzo si rivelerà totalmente inutile. La mattina dopo, infatti, sul tabellone il candidato non c’è più. Coperto dalle facce di altri candidati. Quello dei manifesti è un vero e proprio FarWest. Tutte le notti squadre di attacchini volontari o retribuiti, si affrontano armati di secchi, scopa e colla da pareti. Il trucco, per evitare di farsi coprire, è quello di uscire sempre più tardi. Un lavoretto piuttosto pesante, quindi difficile da conciliare con una normale attività diurna. Difatti, la maggior parte degli attacchini sono studenti o lavoratori precari, gente che al mattino può dormire. Giovani e meno giovani che approfittano delle elezioni per guadagnare qualche soldo. Ma attenzione. Bisogna mettere da parte le preferenze politiche. Il lavoro è lavoro, e tra i clienti ci può essere di tutto, dal Pd a Forza Italia passando per Fratelli d’Italia a Cento Passi per la Sicilia. Così un tabellone dietro l’altro, la notte scorre via. A volte ci si imbatte in qualche altro attacchino, e può capitare di litigare per uno spazio. Alla fine, però ci si mette d’accordo. A farsi la 'guerra' si spreca solo tempo ed energia. Dopo una notte di duro lavoro la città viene consegnata ben addobbata al popolo dei potenziali elettori. Che passando osserva distrattamente facce, nomi e slogan. E rimane il dubbio che tutta questa carta serva a poco. Una guerra che sarà sempre più dura e che si fermerà di colpo a mezzanotte del 4 novembre. A quel punto, comunque sia andata, sarà ora di riporre le scope.
Francesco Vitale Catania
Quando andavo alle superiori certe mattine, in tempo di elezioni, alcuni compagni arrivavano in classe in ritardo, gli occhi gonfi dal sonno. Si sapeva che erano andati ad attacchinare. A quei tempi - ecco la differenza con ciò che racconta il lettore erano tutti volontari e anzi militanti di questo o quel partito, per la maggioranza di sinistra. L’attacchinaggio per molti ragazzi era un dovere morale. Non si guadagnava niente, tutt’al più, se si incrociava una squadra di quelli della destra, ovvero di 'fascisti', si rimediava un pugno, o anche una randellata. La mattina dopo l’occhio nero era esibito con fierezza, e il suo proprietario coccolato come un eroe dalle compagne. Era un giocare alla guerra, anche, tappezzare le strade delle facce dei propri candidati. I genitori chiudevano un occhio: capivano ancora, anche se magari non condividevano, le passioni politiche dei figli. Apprendo che oggi gli attacchini sono per lo più pagati. In effetti, chi sprecherebbe una notte di sonno per amore di un partito, adesso? La sola guerra che resta è quella dell’ora dell’affissione, il più tarda possibile, per non essere ricoperti e cancellati dalle facce dei candidati avversari. E se si litiga, poi ci si mette d’accordo, come fra onesti piazzisti che si dividano un quartiere. È vero però, come dice il signor Vitale, che sempre più, al mattino, i passanti osservano quei muri tappezzati con lo stesso sguardo apatico con cui passerebbero davanti a un muro bianco. Nel largo disinteresse per la politica, perché mai a un elettore dovrebbe bastare, per convincersi, la fisionomia, di uno sconosciuto? Davvero, mi sono spesso chiesta che cosa fa elargire tanto denaro in questo tipo di pubblicità afona e, direi, ormai arcaica, quando un messaggio su Facebook raggiunge tante persone. Forse, ha ragione il signor Vitale, tanta buona carta potrebbe essere risparmiata. Le strade tappezzate di facce di candidati, e le urne disertate, con un astensionismo attestato attorno al 40 per cento. Magari se invece della propria faccia si stampasse un’idea, una proposta, sintetica abbastanza perché la si possa leggere mentre si è fermi al semaforo? Perché sembrano la fotografia di un dialogo fra sordi le strade delle nostre città, quando si avvicina il voto. Una surreale mostra di volti che non interessano, e nessuno guarda. Poi, qualche giorno dopo, tanta carta straccia da ripulire e smaltire. Quasi il segno materiale e malinconico del collettivo disinteresse per l’esercizio della democrazia in questo Paese.