Caro direttore, nel salutare la consueta attenzione di
Avvenire su tematiche molto care anche alla Associazione Luca Coscioni, e spesso dimenticate da molta stampa nazionale – riteniamo infatti che niente è più prezioso in Italia che poter spezzare il pane della conoscenza – consideriamo di fondamentale importanza esser rigorosi nel tenere separati i fatti dalle opinioni. Dal 2007 in Italia è possibile prescrivere farmaci cannabinoidi, così si chiamano in tutto il mondo. Quella legge lungimirante è stata ulteriormente rafforzata un paio d’anni fa. Da allora, come sempre più spesso accade in Italia, il nuovo quadro legislativo non è stato promosso con i necessari sforzi istituzionali lasciando nel dubbio, se non nell’ignoranza, pazienti, medici e farmacisti. Allo stesso tempo, la Puglia e la Toscana hanno stabilito la gratuità delle terapie – e anche lì non senza problematiche 'amministrative'. Stiamo quindi parlando, senza alcun timore di smentita o interpretazione fallace, dell’obbligo di far applicare una legge dello Stato. Una legge che riguarda il diritto alla salute e che prevede anche la necessità di approfondire la tematica con ricerche ad hoc. Possiamo chiamarli come vogliamo, ma si tratta di medicinali perfettamente legali, ampiamente utilizzati in molti Paesi, e senza documentate controindicazioni. Allo stesso tempo la legge consente dei preparati galenici a base di derivati della cannabis per personalizzare ulteriormente le terapie. Negli Stati Uniti e in Israele iniziano a esser documentati i primi significativi trial clinici, studi che contribuiranno a capire se, come, dove e in che dosaggi, o con quali ulteriori modalità, questi medicinali potranno – dovranno – esser utilizzati. Là dove le terapie son costanti i risultati son ampiamente positivi. Che poi vi sia chi, in Italia, usi la marijuana con altri ritmi e altre finalità – nel nostro Paese almeno un paio di milioni di persone – è sicuramente un altro fatto. Oggi però parliamo di diritto alle cure e di libertà di ricerca scientifica, necessaria anche in questo campo; domani, ma per altri motivi e con altri argomenti, dovremo iniziare a parlare di regolamentazione legale di tutte le sostanze oggi illecite. Oggi vogliamo aiutare chi ha vari tipi di problemi di salute, domani chi usa le sostanze illecite in modo problematico. Dopo 60 anni di patenti fallimenti del proibizionismo sulle 'droghe' una riforma antiproibizionista contribuirebbe anche a togliere dalle mani delle oligarchie criminali di mezzo mondo la gestione di un fenomeno che accompagna l’umanità da millenni. Ma se non se ne può parlare rimarremo attaccati ai pali delle ideologie.
Marco Perduca, rappresentante all’Onu del Partito Radicale membro della giunta dell’Associazione Luca CoscioniLa garbata lettera di Marco Perduca conferma la necessità del dialogo e l’importanza di ribadire la differenza dei due livelli della questione riguardanti la cannabis, che purtroppo rischiano di mischiarsi fra loro e di confondere le idee: l’uso medico dei cannabinoidi, derivati depurati dalla cannabis, e la liberalizzazione della cannabis come droga. Perduca scrive: «Oggi parliamo di diritto alle cure e di libertà di ricerca scientifica (...); domani, ma per altri motivi e con altri argomenti, dovremo iniziare a parlare di regolamentazione legale di tutte le sostanze oggi illecite». Dunque sembra prevedere che l’uso medico di una molecola e la liberalizzazione delle piantine diventino un binario unico, la conseguenza l’uno dell’altro. A qualcuno questo non dispiacerebbe; ma sarebbe un bel guaio, per la pericolosità della marijuana che verrebbe messa in secondo piano, e perché il disagio giovanile deve trovare altre e più forti risposte sociali e culturali. Purtroppo intrecciare i due livelli della questione – quello medico e quello della droga – è un ritornello che leggiamo troppo spesso sui giornali, e confonde le idee. Il fatto che una delle cento sostanze contenute nella cannabis non faccia male non significa allora che la cannabis in sé (e lo spinello in particolare) non fa male e giocare con le parole non aiuta: parlare di "cannabis terapeutica" è errato o strumentale, e lo mostra il fatto che non si parla certo di "muffa terapeutica" per riferirsi a un altro principio attivo nobile, la penicillina, derivato per l’appunto dalla muffa, che però nessuno ha un qualche interesse a pubblicizzare. Si potrà dire che allo stato attuale delle cose la proibizione non basta; e infatti chiediamo un’azione delle istituzioni e delle famiglie sul disagio giovanile, vera fucina di consumo di droga. Ma non la liberalizzazione, perché liberalizzando si dà il messaggio sbagliato che lo spinello è innocuo, cosa lontana dai dati reali della ricerca scientifica e dal bisogno di attività costruttiva dei giovani. Certo non vorrà Perduca disconoscere quanto afferma la laicissima associazione dei pediatri statunitensi (2015): «L’American Academy of Pediatrics si oppone alla legalizzazione della marijuana per i danni potenziali ai bambini e agli adolescenti». Potremmo citare tanti altri dati e dichiarazioni di enti e ricercatori in questo senso. Dialoghiamo, dunque, usando i dati: il dibattito pubblico sulla droga invece oggi è sbilanciato, poco approfondito, e rischia di confondere i livelli medico e "ricreativo". E questo non è certo nell’interesse della salute.Carlo BellieniAggiungo una brevissima considerazione, solo su un punto – diciamo così – metodologico: tener separati i fatti dalle opinioni, dice lodevolmente Marco Perduca. Questo facciamo e questo vorremmo che tutti facessero. A proposito di cannabis (tra medicina e spinelli) leggiamo e registriamo invece, da anni, posizioni pregiudiziali: a volte costituite addirittura in palese conflitto di (personale) interesse… per la materia; spesso non basate in alcun modo su dati di realtà ed evidenze scientifiche. Non ci interessano in alcun modo gli slogan ideologici, ci premono le persone e il bene possibile e necessario. È e sarà così a fianco di chi si batte contro il dilagare delle droghe. È così oggi (a occhi aperti e senza anatemi a proposito dell’uso medico di una molecola di cannabis) e sarà così domani. Marco Tarquinio