Caro direttore,
condivido con lei una lettera che mi ha girato Graziella Marota, mamma di Andrea Gagliardoni, morto sul lavoro il 20 giugno 2006. Aveva solo 23 anni. La signora Graziella l’ha inviata a tutti i partiti politici, impegnati nella campagna elettorale per le elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Per ora non ha ricevuto nessuna risposta.
Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, Firenze
Sono la mamma di Andrea Gagliardoni, morto per la mancanza di sicurezza sul lavoro il 20 giugno 2006 ad Ortezzano, nelle Marche. Mi rivolgo a lei perché in questa campagna elettorale non ho mai sentito affrontare la problematica della sicurezza sul lavoro, considerando che ogni 7 ore perde la vita un lavoratore e ci sono più di 1 milione di infortuni, più o meno gravi. Anche Andrea si è perso tra i morti da stabilimento e da cantiere, vittima di una politica del lavoro che non considera importante la cultura della sicurezza e non ha rispetto per la vita umana. Andrea aveva solo 23 anni quando è morto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma; aveva tanti sogni e desideri per il suo futuro. Anni fa ho cominciato una battaglia, ma ho riscontrato che in questo lungo periodo la situazione non è cambiata, anzi, peggiorata. Occorrerebbero degli insegnamenti in tema sicurezza già nelle scuole e più controlli presso i luoghi di lavoro. Questa “guerra” non attira l’attenzione né della politica, né dei sindacati e nemmeno dei media, a meno che non ci siano “morti di gruppo” come nel caso della Thyssenkrupp o dell’Umbria Oli. Ma vorrei ricordare che 3-4 operai, di cui non sappiamo il nome, ogni giorno non fanno ritorno a casa. Non vorrei pensare che i forti poteri imprenditoriali siano intoccabili. Parlo a nome di tutte quelle famiglie che oggi si trovano a piangere un loro caro per il “dio profitto” e spero che questo mio appello alla politica non risulti vano, che anche lei provi un attimo a pensare a che cosa proverebbe se un giorno suo figlio o sua figlia non dovesse tornare a casa dopo una giornata di lavoro. Fermiamo questa strage che serve solo a far arricchire qualcuno e a distruggere tante famiglie. Ogni essere umano ha diritto alla propria vita e non si può perderla per mille euro al mese. Distinti saluti.
Graziella Marota, mamma di Andrea Gagliardoni
Do spazio, oggi, quasi solo alla voce di mamma Graziella. Che si chiama come mia madre, e mi trema un po’ la mano nello scriverlo, e sa parlare chiaro e profondo proprio come lei con me e come ogni madre quando dice delle cose che contano davvero e segnano tutto: l’amore e il dolore, la giustizia e l’ingiustizia, la vita e la morte. Il suo appello a fermare la strage di lavoratori che, per diversi motivi e mai per destino, oscura ogni giorno che attraversiamo – ieri è toccato di nuovo a uno stagista di appena 18 anni – è anche il mio e nostro appello. È rivolto ai partiti, a tutti gli uomini e a tutte le donne della politica, ed è sentito – credo fermamente – da ogni persona di retta coscienza. Lo si ascolti, come chiede incessantemente anche l’amico Marco Bazzoni, che sta dedicando la vita a questa sacrosanta causa. Ognuno di coloro che hanno potere di fare «provi un attimo a pensare a che cosa proverebbe se un giorno suo figlio o sua figlia non dovesse tornare a casa dopo una giornata di lavoro»...