lunedì 24 novembre 2014
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Gentile direttore,l’Italia ha il record europeo di calamità naturali: più di 2mila morti in 50 anni. Di fronte alle vittime umane, alle frane, alle bare nei torrenti, davanti a persone che spalano fango, lo scaricabarile a cui abbiamo dovuto assistere tra Governo centrale e Regioni è assurdo. "In più gli italiani ci hanno messo del loro", mi viene da dire e da rimarcare, rendendomi conto di come certe teorizzazioni dello sviluppo edilizio degli anni Sessanta siano stato un errore, causato anche dalle inadeguate conoscenze geologiche rispetto a oggi. Detto ciò, ricordo che consumiamo 8 metri quadri al secondo di terreno agricolo. Che mancano i piani paesaggistici regionali (per altro prescritti dal codice dei Beni culturali del paesaggio). Che manca persino una carta geologica aggiornata (per il 60% del territorio nazionale vale quella del 1862!). E che i Piani di emergenza comunali sono tenuti nei cassetti... Insomma: o si rompe uno schema di decenni e si cambiano strategia e politica facendo delle "messa in sicurezza" la prima fondamentale opera pubblica e infrastrutturale del Paese oppure continueremo a contempleranno disastri. O si sforano tetti, patti, vincoli, e quando devi spendere per prevenire tragedie, semplicemente spendi, oppure faremo ancora inutili battaglie a colpi di interviste. L’opera di prevenzione paga. Non è solo un investimento, ma un risparmio. Celso Vassalini, BresciaSono convinto anch’io, gentile signor Vassalini, che prevenire significhi risparmiare vite (preziose), sofferenze (che nulla può mai risarcire del tutto) e tanti, tanti soldi. Abbiamo dovuto impegnare per interventi a disastri ormai consumati una montagna di denaro che i calcoli dell’attuale Governo fanno arrivare ben oltre i 160 miliardi di euro (3,5 miliardi ogni anno, dal 1966 a oggi). Una montagna vertiginosa che fa apparire decisamente meno alta quella pur impressionante di 40 miliardi di euro delineata dalla più pessimistica tra le stime sugli oneri da sopportare per l’apertura di un eventuale Cantiere Italia tutto concentrato sulla «grande opera» – questa, sì, grande davvero! – della «messa in sicurezza» di un Paese segnato dai dissesti idrogeologici. So bene che il rischio in una terra fragile e bellissima come la nostra non è eliminabile ovunque e del tutto, ma sono anche sempre più convinto di ciò che andiamo scrivendo da anni, e cioè che un simile investimento sia necessario, urgente e benedetto. Credo, in questo senso, che l’impegno del Governo Renzi a investire un miliardo all’anno per la prevenzione possa rappresentare l’inizio, solo l’inizio, di un’inversione di tendenza da rafforzare con decisione e, come lei dice, anche a costo di “sforare” – per obiettivi oggettivamente validi – tetti e limiti di spesa. Se poi l’attività di questo cantiere fosse accompagnata da un altrettanto serio e ampio piano per la valorizzazione della nostra agricoltura e per il sostegno alla vita nelle piccole e piccolissime realtà urbane che, assieme al lavoro dei campi,  garantiscono una preziosa attività quotidiana di vigilanza e di custodia dei territori, ritengo che finalmente avremmo «cambiato verso» a un processo di dissesto, di umiliazione e di letterale mortificazione che in Italia è purtroppo in atto da decenni. Aggiungo solo che vorrei un “Cantiere corazzato”, protetto cioè da solide e inossidabili procedure e norme anti–corruzione. È già stato sprecato troppo tempo e sono stati spesi quasi soltanto in emergenza (e, come si sa, non sempre al meglio...) troppi quattrini, per pensare di poter gettare al vento anche una sola occasione e un solo centesimo utili a difendere e valorizzare i territori, le città e i paesi, le attività degli italiani.
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