Caro direttore,
vorrei segnalare il disagio che molti cattolici e molti uomini di buona volontà sperimentano ormai ogni volta che si parla dello Ior. Sono convinto che vi siano giornalisti che cavalcano la calunnia o comunque la ricerca del sensazionale e, probabilmente, ve ne sono molti non in buona fede. Vero è però che qualche operazione degli ultimi cinquant’anni e anche delle ultime settimane sarebbe da approfondire. Mi chiedo se non valga la pena mettere in liquidazione lo Ior e appoggiarsi totalmente a una banca italiana o straniera operativa a Roma, per gestire le entrate benefiche della Santa Sede e la loro destinazione. Non se ne può più di attacchi al Papa o ai suoi collaboratori causati dalla gestione dello Ior! Con stima.
Roberto Zambiasi, Milano
Certo, anche a mio avviso, ci sono nella storia dello Ior pagine da approfondire e, purtroppo, pagine da rimpiangere con amarezza. Ma soprattutto ci sono tante opere buone e giuste che attraverso lo Ior (Istituto per le Opere di Religione, che non è una "banca" come la intendiamo normalmente) sono state e vengono ancora realizzate. Vero è, poi, che anche una sola goccia di fiele rovina inevitabilmente il vino migliore. E se le gocce diventano – o appaiono, che è quasi lo stesso – più d’una, si crea una psicosi e si finisce per perdere fiducia nel vino... Non sono un enologo, e non sono neanche lontanamente uno specialista in materia di banche o di realtà che alle banche vengono assimilate o anche solo accostate. Un esperto lo è assai di più lei, caro dottor Zambiasi, da stimato commercialista, revisore dei conti e persona attenta e impegnata sullo splendido fronte del non profit qual è. Ma da semplice cronista so che la nostra Chiesa – che è comunità grande, articolata e davvero universale – già opera con trasparente regolarità attraverso istituti di credito italiani e stranieri per sostenere le opere di religione e di carità che realizza in ogni dove. Dunque, chiedo e mi chiedo, è la sola esistenza dello Ior, basato nello Stato della Città del Vaticano, a scatenare fantasie e a gonfiare leggende nere? E più di qualcuno lavora sistematicamente, e non si lascia sfuggire occasioni, per alimentare le une e le altre? Sembra proprio che sia così: tra piccoli e grandi errori e qualche colpa (e sottovalutazione) in casa cattolica, tra molti interessi, malizie e autentiche malignità altrui e tra una confusionaria e stomachevole canea di presunte rivelazioni. Ma mi sembra anche giusto ricordare che lo Ior non è "vino" e neanche "pane" per la Santa Sede e per la Chiesa tutta. È uno strumento utile e – ancor più – prezioso solo se serve bene il bene che il Papa fa ai cristiani e all’umanità intera. Lei pone un dubbio: oggi è tale? Io me lo sono già posto, e mi sono risposto che lo Ior può ancora essere utile e prezioso. Perché ritengo che possa essere messo al di sopra di ogni ragionevole sospetto. Uso questa formula perché so anche che alle illazioni e ai pregiudizi non si porrà mai rimedio... Credo, insomma, di pensarla proprio come lei e come tantissimi altri: «Non se ne può più di attacchi al Papa o ai suoi collaboratori per la gestione dello Ior». Mi conforta, perciò, pensare che nella Chiesa si sta lavorando per rendere vane troppe parole cattive, certe cattive operazioni e le solite indegne aggressioni.