Caro direttore,
glielo dico subito: le scrivo perché sono arrabbiato nero con questo Stato che ha deciso di punire esemplarmente chi come me, nonostante tutto, anni fa ha deciso di puntare sulla famiglia e ha messo al mondo quattro figli. Sono un operaio metalmeccanico, e fino a un anno fa circa, la mia era una famiglia monoreddito, cioè lavoravo solo io. Per anni mi sono ammazzato di lavoro, per poter tirare su quattro figli, visto che per ovvie ragioni mia moglie sentiva il dovere di badare ai figli, non potendoci permettere la baby sitter e cose del genere. Sappiamo tutti che lo Stato italiano non è mai stato generoso con la famiglia, specialmente quella numerosa, nonostante la nostra Costituzione dica cose chiare in proposito. Ebbene, un anno fa circa il primo figlio, finita la scuola superiore (l’università alle famiglie numerose è per lo più negata dal costo eccessivo del mantenimento che un genitore deve sborsare, anche se quel figlio magari è in gamba e potrebbe farla tranquillamente) dopo 10 mesi di ricerca inutile, ha finalmente trovato un lavoro tramite agenzia. Ha iniziato a lavorare, poi scaduto il contratto, l’ha assunto la stessa ditta con un contratto sempre a termine, ma di questi tempi non sono queste le cose di cui mi lamento, anzi! Sennonché vado a fare la dichiarazione dei redditi e, sorpresa, scopro che devo dare io 2.200 euro circa allo Stato, perché per quasi un anno ho percepito le detrazioni per 4 figli, mentre il quarto già lavorava! E ora, da noi, che già siamo presi per il collo, nel senso che arriviamo sempre e solo alla terza settimana del mese, lo Stato italiano rivuole indietro il debito. Immaginatevi come mi sento. Ho passato periodi di crisi fortissima perché la mia vecchia ditta era quasi fallita, e ho dovuto a 40 anni passati, iniziare da capo tutto, cercando un nuovo lavoro, e tirando la cinghia perché quando cambi il lavoro dopo 12 anni che hai lavorato nello stesso posto, perdi tutto: i livelli, gli scatti di anzianità etc. E ti ritrovi ad accettare stipendi bassi! Lei mi dirà, vabbè ma la prima responsabile di quel che ti succede è la tua ignoranza in materia fiscale, è il non aver comunicato subito che un tuo figlio lavorava. Qualcun altro mi accuserà: ma di che ti lamenti, se hai fatto 4 figli! Ma il punto è un altro: secondo voi, una persona che non arriva già adesso alla fine del mese, come fa a sdebitarsi con lo Stato subito o al massimo – come mi dice la signora del Caf – «con 5 comode rate mensili» a partire dal mese prossimo… Vi lascio soltanto immaginare la rabbia che ho, perché questo stesso Stato, appena i miei figli hanno compiuto il 18° anno di età, mi ha subito tolto gli assegni familiari, e l’Inps mi ha tolto anche l’assegno per il 3° figlio, perché se guadagni oltre una certa somma risulti ricco (e non parlo di somme enormi, prendo meno di 30mila euro lordi all’anno). Niente sconti sulla sanità, scuola, trasporti… Vorrei che comunicasse a chi lo Stato lo rappresenta fino alle massime autorità (lo farei io ma non mi si fila nessuno) che tutto questo è assolutamente ingiusto e irrispettoso verso le famiglie che già fanno fatica a tirare avanti e, a volte, fanno anche la fame. Quasi mi pento di aver insegnato ai miei figli che i valori della nostra società sono onestà, pace, fratellanza, tolleranza e rispetto delle regole: dare allo Stato il dovuto, poiché lo Stato poi ridistribuisce a tutti con giustizia! Mia figlia più piccola, di 13 anni, mi ha detto: «Babbo, ma lo vedi che hai torto, a te chiedono sempre soldi, perché dici sempre che lo Stato poi aiuta chi non ce la fa? Non è vero!». Posso darle torto? Con stima un semplice operaio (che la ricchezza la crea davvero con le sue braccia, lavorando) metalmeccanico!
Nicola Irimia, operaio
Sì, è vero, caro signor Irimia, lei ha sbagliato: non ha pensato a comunicare tempestivamente che uno dei suoi quattro figli era diventato (sia pure precariamente) percettore di reddito. Ma perché pensa che debba prendermela con la sua «ignoranza» della legge. Mi limito a due annotazioni alla sua lettera, che già sottolinea con efficacia tutto ciò che lo merita.
La prima annotazione è forse banale e so già che non risponde in tutto e per tutto al problema serissimo che lei pone: il tutto o subito e le «cinque comode rate» che le sono stati prospettati per procedere alla restituzione di ciò che lei e i suoi familiari avete indebitamente percepito è insensato per una persona con il suo reddito e il suo stato di famiglia. I circa 2.200 euro che deve ridare allo Stato non le sono stati mica elargiti in un’unica soluzione, ma poco alla volta, mese dopo mese, nell’arco di un anno. Giustizia vorrebbe, considerato il suo reddito e il suo stato di famiglia, che questa dolorosa restituzione avvenisse almeno con la stessa gradualità. Non sarebbe meno duro, ma un po’ meno pesante probabilmente sì.
La seconda annotazione è politica: penso e scrivo anch’io da molti anni che in Italia ci sia una – essa sì – ingiusta e sempre meno tollerabile «ignoranza» strutturale (che, come lei ricorda, è anche sberleffo alla Costituzione e a ciò che afferma agli articoli 29, 30 e 31) nelle normativa fiscali e per l’erogazione di servizi alla persona e alle famiglie, in special modo alle famiglie numerose. È questa l’«ignoranza» da sanare, quella che più mi preoccupa e che più dovrebbe preoccupare coloro che ci governano e ci rappresentano in Parlamento. Prima comincerà una vera e seria “restituzione” di quanto per inerzia, per vuota retorica e, in qualche caso, anche per malizia è stato sinora sottratto alle famiglie italiane, meglio sarà. Abbiamo ascoltato parole impegnative negli ultimi tempi da diversi esponenti del governo Renzi e dal premier stesso. Io non le dimentico. E sono sicuro che anche lei, caro amico, le tiene a mente.