Caro direttore,
in queste settimane ho letto con attenzione, per dovere professionale e interesse umano, le serie di interventi di catechesi sulla vecchiaia tenuti da papa Francesco nelle Udienze generali. A parte il giudizio 'tecnico', che mi induce a ritenere i testi ben più utili per chi invecchia di tutta la massa di banali pubblicazioni sull’«invecchiamento di successo», ritengo importante soffermarsi sulla frase: «La società investe molto, ma non aiuta a interpretare questa fase della vita».
Il Papa, uomo di Dio con la consueta sensibilità tra l’umano e il politico (e, ovviamente il religioso), ha colto l’aspetto fondamentale della vita contemporanea delle persone anziane: dare un senso ad anni sempre più lunghi, a problemi che sopravvengono, alle dinamiche di ogni tipo che li caratterizzano. Abbiamo dichiarato (e dimostrato) che la vita a ogni età, e in particolare in quella avanzata, è caratterizzata dalla complessità, per cui non è interpretabile come insieme di singoli eventi biologici, clinici, psicologici, socioeconomici, ma attraverso una loro interazione, spesso molto intricata.
Non si vive solo grazie a una carne che funziona, né a una psiche attenta, un ambiente amico, a un insieme di protezioni sociali: bisogna leggere queste dinamiche nel loro insieme per capire la direzione che prende la vita di ciascuno. E poi arriva sempre il momento nel quale queste situazioni entrano in crisi per i motivi i più vari. Allora è necessario subentri una visione che superi i singoli aspetti e ci dica che l’esistenza, anche in tarda età, ha senso per le relazioni che si intrecciano, per le piccole speranze che si possono ancora coltivare, per gli atti di generosità che si possono donare e ricevere, per la conquista di un tempo dopo la morte (almeno per chi crede). Talvolta può accadere quanto dice Francesco in una delle sue catechesi: «La vecchiaia rende quasi inevitabile questo appuntamento con il disincanto».
E aggiunge: «La resistenza della vecchiaia agli effetti demoralizzanti di questo disincanto è decisiva». Per essere in grado di opporre la resistenza indicata dal Papa è necessario adottare la logica del 'qui e ora', della ricerca in quel momento del massimo ottenibile dal rapporto con gli altri, e con la propria coscienza. Il disincanto deve essere combattuto anche tra chi vive con gli anziani, in particolare quando sono fragili e non più autosufficienti.
La vita dei caregiver (coloro che si prendono cura) famigliari può diventare un inferno di fatica fisica e di frustrazioni psicologiche se non è guidata dalla certezza che l’esistenza del proprio caro non è destinata solo a sofferenze senza fine, ma, al contrario, dalla certezza che la vita assieme porta doni per entrambi, perché l’amore permette di vivere meglio, produce una vicinanza che induce a trascorrere un tempo ricco di significati.
Anche nelle strutture assistenziali, dove l’anziano deve essere ospitato quando il sistema famigliare non è più in grado di offrire protezione a causa di malattie e dell’inadeguatezza dei possibili supporti, gli atti assistenziali devono essere collocati in una logica di senso, cioè quella di compiere azioni spesso faticose che permettono all’anziano ammalato di vivere bene, in un ambiente protetto sul piano delle cure mediche e della serena gestione delle ore della giornata. Perché gli operatori delle Rsa dovrebbero consumare i loro giorni ad accompagnare gli anziani loro affidati se non collocano il lavoro (lavare, imboccare, dare le medicine, consolare…) in una prospettiva di comune cittadinanza? Per alcuni vi possono essere motivazioni superiori, di ordine spirituale e morale, ma per tutti deve prevalere la convinzione di costruire un pezzo della comunità in particolare per chi è più fragile e quindi più bisognoso di attenzioni.
Non si gestiscono fallimenti, ma pezzi di azione civile per garantire a tutti una vita decente, anche quando è caratterizzata dalla demenza, dal sovrapporsi di molte malattie, dalla perdita dell’autonomia. In un mondo che invecchia, che ci induce solo a calcolare se riusciremo a farcela di fronte alla crisi demografica ed economico-organizzativa, una prospettiva di senso ci permette, invece, di non rinunciare all’impresa di garantire a tuti, e agli anziani per primi, un minimo di tranquillità per il loro futuro.
Presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria