M. G., Treviglio (Bg)
Il fenomeno Internet, con la sua diffusione a progressione esponenziale, sta davvero rivoluzionando la società contemporanea. Tutto è cambiato, caro lettore: l’informazione, divenuta di base e di massa, il linguaggio, alcune cruciali modalità dei rapporti interpersonali. Non deve quindi stupire che la «rete globale» – così pervasiva della nostra vita, nel tempo del lavoro come in quello privato – abbia anche comportato, insieme a una nuova comunicazione, a una nuova economia, a un nuovo modo di vivere la partecipazione politica, anche l’avvento di «malattie» mai prima catalogate, reali o presunte. Sulla cosiddetta «dipendenza da Internet» – un disturbo identificato da Ivan Goldberg nell’ormai lontano 1995 e conosciuto negli Usa come «Online Addiction» – il dibattito scientifico è ancora aperto. Secondo alcuni esperti, questa sindrome non può essere considerata una specifica patologia psichiatrica; secondo altri invece lo è, e ciò comporterebbe il suo riconoscimento da parte dei servizi sanitari nazionali, mettendo in campo cospicui capitoli di spesa ma anche – come non solo lei ipotizza – ghiotti guadagni da parte dei produttori e fornitori di rimedi. Nei fatti risulta difficile ricondurre a un comune denominatore sintomi diversi, ma tutti connessi a un utilizzo scorretto o massivo dello strumento web: il gioco d’azzardo e il videogame parossistico, lo shopping compulsivo e altro ancora. Una variegata tendenza ossessiva che è difficilmente imputabile alle onde elettromagnetiche, quanto piuttosto all’«investimento» esistenziale che l’utente fa sullo strumento, trasformandolo nel centro della sua giornata, nella patologica valvola di sfogo di problemi, fragilità, frustrazioni che riguardano la sfera della persona e il suo vissuto. È vero: non passa giorno senza che giornali, tv e la rete stessa non «scoprano» qualche nuova «internet-dipendenza». A volte è davvero così, assai spesso si tratta di effimeri «scoop», che niente hanno a che fare con gli sforzi che la scienza psichiatrica seria compie per indagare i lati oscuri dell’anima contemporanea; sforzi che non meritano facili generalizzazioni e ai quali si deve guardare con rispetto. Grazie per la sua vivace sollecitazione.
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