domenica 13 dicembre 2009
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Caro Direttore,qualche tempo fa sono rimasto molto impressionato dalla testimonianza di fede che Carlo Castagna ha dato durante una trasmissione televisiva. Egli, che vive un immenso dolore, affermava di perdonare coloro che gli avevano ucciso le persone più care: moglie, figlia e nipote. La riflessione sarebbe molto lunga, mi limito tuttavia ad alcune brevi considerazioni. Che cosa significa perdonare? Su questo termine c’è molta confusione. Il perdono non è il contrario della giustizia, ma dell’odio e della vendetta che «avvelenano» l’esistenza umana. Giustamente Carlo Castagna riferiva che il perdono era frutto di un cammino di fede condiviso per anni con sua moglie e la sua famiglia. Il perdono è frutto di una condizione di comunione con Dio, quindi il perdono è un dono di Dio e non soltanto un atto umano. Il crocifisso è l’immagine più sublime del più grande perdono della storia. Infatti mentre noi con fatica perdoniamo, di solito per «piccole cose», impiegando talvolta anche molti anni, Gesù ha perdonato nel momento stesso in cui gli facevano del male. La comunione d’amore con il Padre «era più grande» del male che gli infliggevano. Riflettendo sul perdono, grande valore del messaggio cristiano, sono sorpreso ci siano persone che non soltanto non accolgono il valore cristiano del perdono, ma addirittura arrivano a polemizzare con Carlo Castagna che vive questa dimensione spirituale. Perché, mi domando, non si rispetta questo cammino di fede che è frutto dello Spirito Santo?

don Luca Giambastiani diocesi di Lucca

Della sua riflessione, caro don Luca, mi ha colpito soprattutto il riscontro dello sconcerto e, anzi, dell’opposizione espressi da qualcuno di fronte alla testimonianza del signor Castagna. Il perdono, come lei giustamente rileva, è valore che sta nel cuore del messaggio cristiano: traguardo esigente di una vita che sceglie il cammino di conversione tracciato dal Vangelo. Non tutti arrivano a viverlo, ma questo valore in un passato, pure colmo di contraddizioni, era conosciuto, riconosciuto e rispettato. Oggi viceversa, ciò che lei descrive, segnala come il secolarismo abbia cominciato a erodere la base di quel sentire comune che tributava ammirazione a chi era capace di perdono. Piuttosto che aggiungere parole mie, preferisco far riecheggiare due brani tratti dal n. 14 dell’enciclica "Dives in misericordia" di Giovanni Paolo II (1980), grande documento del suo inizio di pontificato (che spero molti lettori saranno invogliati a rileggere). Nel primo stralcio il Papa sottolineava il valore umanizzante del perdono: «Il mondo degli uomini potrà diventare sempre più umano, solo quando in tutti i rapporti reciproci, che plasmano il suo volto morale, introdurremo il momento del perdono, così essenziale per il Vangelo. Il perdono attesta che nel mondo è presente l’amore più potente del peccato. Il perdono è, inoltre, la fondamentale condizione della riconciliazione, non soltanto nel rapporto di Dio con l’uomo, ma anche nelle reciproche relazioni tra gli uomini. Un mondo da cui si eliminasse il perdono sarebbe soltanto un mondo di giustizia fredda e irrispettosa, nel nome della quale ognuno rivendicherebbe i propri diritti nei confronti dell’altro; così gli egoismi di vario genere sonnecchianti nell’uomo potrebbero trasformare la vita e la convivenza umana in un sistema di oppressione dei più deboli da parte dei più forti, oppure in un’arena di permanente lotta degli uni contro gli altri». Nel brano che segue, poi, il Papa chiarisce rigorosamente il rapporto tra perdono e giustizia, smentendo chi giudica il primo cedimento e acquiescenza al male: «È ovvio che una così generosa esigenza di perdonare non annulla le oggettive esigenze della giustizia. La giustizia propriamente intesa costituisce per così dire lo scopo del perdono. In nessun passo del messaggio evangelico il perdono, e neanche la misericordia come sua fonte, significano indulgenza verso il male, verso lo scandalo, verso il torto o l’oltraggio arrecato. In ogni caso, la riparazione del male e dello scandalo, il risarcimento del torto, la soddisfazione dell’oltraggio sono condizione del perdono».Grazie a lei per averci suggerito questa riflessione e grazie soprattutto al signor Castagna per la testimonianza forte e bella che continua a dare a noi tutti.
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