Gentile direttore,
sono un cattolico e sono un medico, che dopo aver completato una specialità medica in Italia ne sta conseguendo una in Rianimazione in Inghilterra. Ho pertanto esperienza di come la legislazione britannica gestisca i confitti di opinione tra curanti e pazienti/genitori e di come la sospensione della ventilazione invasiva venga qui praticata quando si percepisce che essa configuri accanimento terapeutico. Le scrivo per offrire un contributo di riflessione sulla vicenda di Charlie Gard, nonostante l’abbondare di pareri anche molto autorevoli, e per porre in luce alcuni fatti. In effetti, per me è inquietante constatare come pochi siano stati, e ancora sembrino, interessati alla fattualità del caso specifico per come essa emerge dalla letteratura medica e dalle testimonianze contenute negli atti di tribunale, preferendo invece interpretazioni da parte di 'esperti' che parlano in generale e aprioristicamente senza evidentemente essersi informati a fondo.
Se partiamo dai fatti, ci sono essenzialmente due punti cruciali da chiarire: sospendere la ventilazione a Charlie, come è avvenuto, coincide con eutanasia passiva o con un doveroso interrompere l’accanimento terapeutico? Mi sembra utile innanzi tutto ricordare che l’accanimento terapeutico per la Chiesa Cattolica coincide con l’attuazione di «procedure mediche onerose, (…) sproporzionate rispetto ai risultati attesi» (Catechismo della Chiesa Cattolica, paragrafo 2278). «La medicina odierna dispone infatti di mezzi in grado di ritardare artificialmente la morte, senza che il paziente riceva un reale beneficio. È semplicemente mantenuto in vita o si riesce solo a protrargli di qualche tempo la vita, a prezzo di ulteriori e dure sofferenze (…). Ciò contrasta con la dignità del morente e con il compito morale di accettare la morte e lasciare da ultimo che essa faccia il suo corso» (Pontificio Consiglio della pastorale per gli operatori sanitari. Carta degli Operatori sanitari 1995, paragrafi 119-121).
La differenza rispetto all’eutanasia passiva è che «Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (CCC, ib.). La distinzione tra accanimento terapeutico ed eutanasia si delineerà quindi caso per caso a partire dalla valutazione medica circa la prognosi e la proporzionalità delle cure rispetto alla qualità di vita (in questo contesto l’espressione non è strumento della «cultura dello scarto») realisticamente ottenibile. In Italia sembra che da parte di alcuni si sia deciso che il caso di Charlie sia «eutanasia di Stato» senza considerare la letteratura scientifica, la valutazione espressa dagli esperti coinvolti nel processo e spesso senza interpellare chi, anche in Italia, ha le competenze mediche per dare un’opinione qualificata circa la situazione clinica di Charlie. Si continua persino a negare il fatto che Charlie Gard fosse un malato terminale, ma questo è accettato da tutti gli esperti coinvolti, incluso il medico che ha proposto la terapia sperimentale in Usa. Rispetto a quest’ultima, lo stesso medico che la proponeva ha sempre sottolineato la scarsa probabilità di successo sino alla constatazione finale della impossibilità ormai di applicarla proficuamente.
Riguardo la qualità della vita di Charlie, i genitori stessi hanno infine convenuto con i medici circa l’insostenibilità della stessa a meno di un miglioramento. Per questo, anche a mio parere, la prosecuzione della ventilazione avrebbe configurato un accanimento terapeutico. Capisco la preoccupazione circa la volontà di legiferare contro la vita umana in Italia e in Europa, ma temo che chiamare «eutanasia di Stato» un caso di sospensione dell’accanimento terapeutico contro l’iniziale parere dei genitori sia nocivo a un sano confronto sul tema. Vedo inoltre due risvolti pericolosi nelle posizioni pregiudiziali e a prescindere dai fatti assunte da alcuni esponenti del mondo cattolico.
1) Chi vuole promuovere l’autodeterminazione a tutti i costi e le direttive anticipate tenterà di sfruttare la vicenda a discapito anche dell’obiezione di coscienza dei medici. Facile prevedere l’argomentazione: 'Se accade che un giudice arrivi a decidere per una persona incapace di intendere e di volere, è assolutamente necessario tutelarne la autodeterminazione tramite una legge sulle direttive anticipate, a cui anche i medici debbano obbligatoriamente attenersi'...
2) Chi punta a squalificare il contributo dei cattolici a un onesto dibattito pubblico su come accompagnare i malati terminali senza cedere all’eutanasia o all’accanimento terapeutico sarà agevolato nel tentativo di etichettare la posizione Cattolica come 'ideologica' e, pertanto, non degna di essere interpellata e considerata.
* medico
La ringrazio, gentile dottor Baldini, per il contributo che ha deciso di offrire in scienza e coscienza alla riflessione comune su un caso così coinvolgente come quello cretaosi attorno alla vita e alla morte del piccolo Charlie Gard. Credo che anche il contributo possa essere utile, e aiuti a capire su quale sottile crinale, sospeso tra dramma e speranza, ci si sia avventurati dopo la scelta piena d’amore dei genitori del bimbo britannico di cercare una «cura sperimentale» per il loro purtroppo «inguaribile» figlioletto. Ne abbiamo scritto molto, per la verità, facendo parlare medici autorevoli, bioeticisti insigni e raccontato anche casi diversi ma non troppo da quello di Charlie. Penso che sia molto difficile e faticoso, in questo nostro tempo di grandi avanzamenti tecnici della medicina, distinguere tra accanimento terapeutico ed eutanasia omissiva, ma penso anche che sia comunque necessario e che bisogna saper usare la indispensabile prudenza per non legittimare in alcun modo quella «cultura dello scarto» che arriva a esprimere chi nutre per la «qualità della vita» un’attenzione ben diversa dalla sua. Resto poi del parere che i medici dell’ospedale londinese dove il piccolo paziente era stato ricoverato non dovessero ostacolare – sino davanti al magistrato! – la volontà di mamma Connie e papà Chris di tentare una difficile ma non impossibile nuova via terapeutica in un’altra struttura, all’estero. Auguri cordiali per il suo lavoro al servizio dell’umanità malata e sofferente. (Marco Tarquinio)