Gentile direttore,
quando ero bambino, ricordo che passeggiando sull’antico lungolago di Salò coi genitori, dopo la Messa in Duomo, spesso incontravamo uno strano personaggio: aspetto da barbone, scarponi militari e una vecchia bicicletta dall’aspetto pesantissimo appoggiata ai tubolari azzurri del parapetto affacciato sulle acque lucenti del lago (si parla del Garda sul quale ho vissuto e veleggiato in gioventù). Uno sdrucito cappello con piuma completava il quadro. Ma come nei versi di una struggente canzone di Fabrizio De André: «Dai diamanti non nasce niente, sul letame nascono i fior». Infatti, il nostro uomo scaricava dalla bici una scatola di legno colma di gessetti e carboncini, si inginocchiava in un angolo e iniziava a disegnare sul pavimento. Era un “madonnaro” ovvero un vagabondo che si guadagnava da vivere (o, meglio, sopravvivere) tracciando nelle zone di passaggio disegni a soggetto religioso. Lui era specializzato su due: la Madonna con bambino e papa Giovanni XXIII benedicente. Io, amante del disegno ma purtroppo negato, lo guardavo affascinato far nascere figure dal nulla: maneggiava con destrezza carboncini e gessetti, con le sue mani vecchie e stanche, sformate da una vita che non doveva essere stata generosa. La gente passava, guardava e qualcuno appoggiava una monetina vicino al disegno; lo facevo anche io, un po’ intimidito dal suo aspetto da brigante. Alla fine, raccoglieva le offerte e risaliva sulla malandata bicicletta per portare altrove la sua arte. Poi, piano piano, sole, vento e acqua cancellavano i disegni: nessuno li calpestava però, la gente non era maleducata. Dove sarai oggi vecchio madonnaro della mia infanzia? Sicuramente in Paradiso a disegnare per Colei il cui sorriso affettuoso vale infinitamente più delle misere monetine che ti gettavano gli svogliati passanti.
Stefano Bolla
Sono davvero contento, caro amico lettore, che lei abbia deciso di condividere con tutti noi questo gentile ricordo di un “madonnaro” della sua infanzia. Ce ne sono ancora, anche bravissimi, di “madonnari”. E ci sono altri artisti di strada, il cui lavoro fatto di disegno e di colori, di abilità da giocolieri, di teatro nomade, di musica in vari modi interpretata e offerta rappresenta, per me e sono certo non solo per me, un regalo anche nel nostro “tempo digitale”. Ho sempre amato molto questi personaggi che aggiungono una bellezza attraente ed effimera a vie e piazze magari già molto belle, ma oggi li apprezzo persino di più. E le garantisco quel che posso lasciare e che vedo dare, come “biglietto”, non è mai buttato lì in modo svogliato, ma con allegria e sincera gratitudine.