Caro direttore,
un tema ricorrente del filo diretto di Prima Pagina, la prima delle rassegne stampa che va in onda ogni mattina su Radio3, è il patologico tasso di disoccupazione giovanile originato, a detta di alcuni ascoltatori dalla modesta qualità della nostra scuola. Un conduttore ha fatto notare al riguardo che i ministri dell’Istruzione succedutisi nell’ultimo ventennio erano 'tutti riformisti', ma a mio avviso essi hanno tralasciato la riforma più importante: il pluralismo scolastico. Che invece vige, e con successo, nei maggiori Paesi europei. Col pluralismo scolastico, che io considero l’«anima» del servizio che deve essere garantito in questo delicato campo, vengono finanziate anche le scuole pubbliche paritarie e non solo le scuole statali. In questo modo si determina una sana emulazione tra i due settori scolastici, statale e paritario, che danno vita insieme a un unico sistema nazionale di istruzione.
Bruno Mardegan Bellagio (Co)
Già, caro amico: in Italia abbiamo per legge (e secondo rigorosi canoni di legge) un sistema pubblico d’istruzione a due gambe, statale e paritaria, che esiste di diritto e serve nei fatti la libertà di scelta di tante famiglie, ma che non è ancora sostenuto da un’equa e saggia ripartizione delle risorse. Un caso amaramente unico nel panorama delle democrazie europee. E ogni anno che passa, nonostante l’ottima tenuta di alcuni istituti paritari, l’asimmetria pesa di più e la gamba della scuola promossa dalla società perde forza. A danno, prima di tutto, dei nostri ragazzi e di tutti i cittadini. Che se ne sia consapevoli o meno.