Tra i lettori c’è vera gioia per la rielezione del presidente Mattarella, ma anche amarezza e persino sdegno per il brutto spettacolo offerto da certa politica. Ho scelto quattro lettere in cui non si definisce un «gran giorno» il 29 gennaio. E torno sulle ragioni del mio giudizio conclusivo sul finale della maratona quirinalizia
Gentile direttore,
questa volta non ce la faccio proprio a far prevalere il sollievo e l’entusiasmo per la provvidenziale riconferma di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Sentimenti che lei ha espresso nell’editoriale di domenica 30 gennaio («Ecco il vero patriottismo» https:// tinyurl.com/bdfwr5v8 ). Qui non è in discussione la stima per l’uomo, prima ancora che per l’uomo delle istituzioni, per la sua storia personale e politica, e – non ultimo – per i valori da lui incarnati. Mi spiace, ma non ce la faccio proprio a far prevalere questo senso di sollievo sullo sdegno civico per la profonda inadeguatezza mostrata dalla nostra classe politica. Rifugiarsi nel senso delle istituzioni di un servitore dello Stato è una soluzione vigliacca, che denota – per l’ennesima volta – l’assoluta incapacità dell’attuale classe politica e dei suoi leader. Chiedo scusa per lo sfogo, cordialmente.
Vito Rizzo, Agropoli (Sa)
Caro direttore,
giorni di rabbia e di attesa per le trattative fallite, i nomi per il Quirinale lanciati come dadi sul “tavolo verde” e infine... Mattarella! Applausi a scena aperta, si potrebbe usare una simile immagine per l’acclamazione presidenziale, ma, nonostante lo spettacolo, non siamo a teatro. I grandi elettori – deputati, senatori e delegati regionali – sono stati incapaci di scegliere un nuovo Presidente, e hanno dovuto rivolgersi al Capo dello Stato uscente che aveva chiesto di non farlo. Il presidente Mattarella è uomo di cultura e umanità, con grande capacità politica e senso dello Stato, personalità conosciuta e riconosciuta in tutto il mondo. Ma a che titolo, poi, si è festeggiata una “grande vittoria”. Forse non avrebbero dovuto dimettersi in massa per manifesta incapacità? Tomasi di Lampedusa è stato profetico: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. La saluto con amarezza e con i migliori auguri al presidente Mattarella per un settennato saggio come quello appena concluso.
Salvatore Dessupoiu, Cagliari
Caro direttore,
non sono d’accordo con il suo editoriale sulla riconferma del presidente Mattarella e sull’operato del Parlamento. Non è per nulla un bel giorno per l’Italia, perché non si va contro la volontà di un galantuomo e di un integerrimo servitore dello Stato. Mattarella è un grande uomo politico senza ombra di dubbio, ma le sue indicazioni erano chiare e precise: non riteneva opportuna una sua rielezione. I partiti politici al contrario hanno dimostrato, chi in modo insopportabile (Salvini), chi rassegnandosi (Letta), l’incapacità patologica a un accordo, costringendo (questa è la parola giusta!) Mattarella al bis. Ovviamente anch’io l’avrei voluto nuovamente al Quirinale, ma di fronte alle sue chiarissime motivazioni ho cambiato idea, per rispetto dell’uomo e, bisogna dirlo, dell’anziano. Mi lasci andare al facile populismo: su 60 milioni di italiani non v’è n’era un altro di simile caratura politica e morale? No, caro direttore, non è un bel giorno per l’Italia e non è da ringraziare il Parlamento, ma solo – ahinoi! – il nostro amato Presidente. Continuerò a essere fedele lettore...
Virginio Marconato, San Pietro di Feletto (Tv)
Gentile direttore,
ho capito il senso del suo fondo di domenica 30 gennaio a commento della rielezione del presidente Sergio Mattarella. Ma a me non sembra affatto un gran bel giorno per l’Italia. Mi sembra una dichiarazione di resa della politica esattamente come successe con la rielezione a termine di Giorgio Napolitano. Non ci vedo vincitori, solo vinti. Proprio l’elezione di Sergio Mattarella succeduto a Giorgio Napolitano era stata la prova che ci sono persone degnissime di svolgere questo incarico. Possibile che oggi non ci sia nessuno in Italia altrettanto degno e in grado di succedere a Sergio Mattarella? Io ho profonda stima, gratitudine e affetto per il Presidente, sono felice che rappresenti ancora il nostro Paese, ma mi rattrista tantissimo questo secondo caso. Purtroppo tutto ciò è lo specchio del nostro Paese. Il Parlamento ci rappresenta. Per me oggi è un giorno amaro. Perdoni lo sfogo. Grazie per il vostro lavoro
Maria Elena Cavicchi, Ferrara
Stavolta ho scelto solo lettere di lettori amareggiati per il modo con cui si è arrivati alla rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Interessante, però, che in ognuna di esse sia limpida e forte la stima per il Capo dello Stato. Potevo selezionarne molte di più tra le tante altre dei nostri lettori che stanno dando voce alla gioia per la conclusione della piccola maratona quirinalizia con la conferma di una personalità in principio conosciuta ma non troppo e che negli ultimi sette anni si è fatta conoscere, stimare e amare dai nostri concittadini. Lo speravo, anni ne ero certo quando commentai la sua prima elezione esattamente sette anni fa (era il 1 febbraio 2015: «Da dove si comincia» https://tinyurl.com/2p9fuw9h ). Anche allora non a tutti erano piaciute le modalità della sua elezione alla suprema magistratura della Repubblica. Preferisco, però, dialogare con la signora Cavicchi e con i signori Rizzo, Dessupoiu e Marconato perché mi consentono di tornare su un punto per me cruciale nella vicenda politica a cui abbiamo assistito. Alla vigilia delle votazioni avevo previsto (domenica 23 gennaio «Tutte le spine delle rose» https:// tinyurl.com/2huznud9 ) che, di quel passo, in fondo a una serie di errori, di sottovalutazioni e di presunzioni si sarebbe dovuto bussare di nuovo alla porta del Presidente uscente. Così è stato. E il Presidente ha fatto prevalere l’indicazione che veniva da una grandissima maggioranza di parlamentari e delegati regionali sulle sue opinioni e aspirazioni. Quello che non avevo previsto è che a questo risultato avrebbe spinto un’iniziativa nata nell’Assemblea dei grandi elettori, dove si è cominciato a votare “Mattarella”, raddoppiando i consensi per lui a ogni “chiama” utile. Voti che venivano soprattutto dal centrosinistra, ma che cominciavano ad arrivare anche dal centrodestra. Insomma, mentre nei negoziati tra i leader di partiti e movimenti continuava il “valzer stonato dei veti”, si stava profilando la possibilità che Sergio Mattarella venisse rieletto per così dire “dal basso”, senza intesa al vertice. Non a caso, a mio parere, i gruppi che facevano riferimento al vecchio centrodestra hanno deciso, a un certo punto, di astenersi e, dunque, di non partecipare alle votazioni... Per questo, ho detto grazie al Parlamento, per il ruolo propulsivo che ha svolto, mettendolo accanto al presidente Mattarella che ha saputo darci, con la generosità e la sobrietà che lo caratterizzano, un nuovo esempio di rispetto per le Istituzioni e di dedizione all’interesse generale. E non è un caso che Sergio Mattarella abbia ricevuto prima della votazione decisiva non i segretari politici dei partiti e dei movimenti, ma i presidenti dei gruppi presenti in Assemblea e decisi a rieleggerlo. Per questo penso che, nonostante tutto, il 29 gennaio 2022 sia stato «un gran bel giorno». Non bisogna mai confondere il giudizio sugli errori e sulle insufficienze di questo o quel partito (e delle rispettive guide), con il giudizio sul Parlamento che è e resta il cuore del nostro sistema democratico. Naturalmente la mia lettura dei fatti, come quella di qualunque altro osservatore, può non piacere o non convincere, in tutto o in parte. Ma i lettori di “Avvenire” (e non solo loro) sanno che scrivo e dico solo quel che penso, così come che li ascolto per davvero. E in questo caso prendo molto sul serio la loro amarezza e persino lo sdegno per lo “spettacolo” di certa politica. Sono anche miei, soprattutto di fronte ad arroganze e volgarità. E purtroppo nei giorni del Quirinale non sono state lesinate né le une né le altre.