Caro Direttore,oramai sembra ci si interessi soltanto di ciò che ci riguarda direttamente, senza curarsi di ciò che, invece, sta vivendo il nostro vicino di casa, il compagno di nostro figlio, il fratello del nostro collega di lavoro. La nostra vita, con tutte le sue difficoltà, gli alti e bassi, i problemi, ci dà già abbastanza pensieri. Tutti presi dalla cura del proprio orticello, si finisce per vivere chiusi in un piccolo mondo, fidando che niente turbi la nostra quiete finché la «fortuna» ci aiuterà a stare in salute, finché il «destino» ci sarà propizio. E allora diventa facile rispondere a chi è in difficoltà: «Sono problemi tuoi», certi che noi non ci troveremo in quelle condizioni, perché siamo bravi, onesti, «non facciamo nulla di male»... però poi, magari, abbiamo l’amico che ci scarica abusivamente il cd del nostro cantante preferito, quello che ci vende abbigliamento firmato senza avere la licenza, o magari, noi stessi, professionisti, non rilasciamo fattura al nostro cliente o paziente, salvo, poi, lamentarci che in Italia tutto va male perché la legge non viene rispettata. La coscienza, non correttamente alimentata, avalla l’alibi che se le cose non vanno bene è per colpa di quello e di quell’altro, e via con la caccia alle streghe! E le carceri italiane? Ma sono una cuccagna: hai un posto dove dormire, da mangiare a pranzo e cena... altro che! La palla al piede ci vorrebbe invece! Assassini, ladri, violentatori, spacciatori, in galera ci dovrebbero restare a vita! Dopo, sentiamo al telegiornale notizie raccapriccianti che alimentano rabbia nei confronti di chi ha infierito su innocenti inermi... li si vorrebbe vedere puniti, per un senso di giustizia... o di vendetta? Tutti sentimenti assolutamente umani, che è naturale provare. Ma perché tanta rabbia? Perché si vorrebbero carceri più dure e non invece carceri più «rieducative»? Si può forse sostituire l’incertezza della pena con un irrigidimento di una già dura realtà da affrontare per chi vi entra? In una società dove a livello educativo si è eliminato il castigo e la punizione per un figlio – bambino o adolescente che sia – che si comporta male in famiglia o verso gli altri, con la giustificazione che «è solo un ragazzo» (salvo poi giudicare male i figli degli altri che si comportano male verso i nostri), come mai si rivaluta lo strumento punitivo quando si parla di carcere? Siamo sempre pronti a scagliare pietre contro chi sbaglia, ma evitiamo accuratamente di fare il punto sul nostro comportamento, su quello dei nostri figli. Anzi, insegniamo addirittura ad offendere, a sentirsi superiori, a non chiedere scusa, considerandolo segno di debolezza. Abbiamo sempre una parola da spendere sugli altri; sappiamo fare molto bene i conti nelle tasche altrui, e non sappiamo più cosa significhi mettersi in ascolto, rivedere i nostri atteggiamenti, il nostro stile di vita. Crediamo di pensare con la nostra testa, e non ci accorgiamo di fare il gioco di altri; che abbiamo sintonizzato i nostri valori su quelli di un fantomatico «grande fratello» che ci vuole tutti omologati.
Carlo Silvano, Villorba (Tv)
Lei, caro Silvano, tratteggia i connotati di un «piccolo mondo moderno» privo di slanci, chiuso nelle proprie sicurezze peraltro fragili e precarie, gretto ed egoista. Un quadro grigio dal quale non emerge alcuna nota colorata, neanche un barlume di speranza. Ma questo non posso concederglielo. Tutto vero quello che dice, ma non è comunque «tutto» così. La miseria morale c’è, come c’è la corsa al tornaconto personale disposto perfino a calpestare chi è di ostacolo, ma «la foresta che cresce» del bene non è un artificio retorico; è anch’essa una realtà che di sviluppa grazie all’opera di quelle persone – uomini, donne, giovani, ragazzi, laici e religiosi... – che non si rassegnano e che vogliono per la propria vita traguardi meno asfittici di un’auto nuova, un capo griffato, una tariffa più conveniente per gli Sms... Tra queste persone, sono tante quelle che stanno preparando il proprio cuore a riascoltare l’annuncio del profeta: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.» (Is 9,1s). Il Natale, nel suo senso autentico, è l’antidoto più efficace alla deriva che lei lamenta. Ci viene offerto ogni anno, sta a noi non sprecarlo.