Gentile direttore,
noi allievi di don Lorenzo Milani che abbiamo frequentato assiduamente per tutti i venti anni del suo sacerdozio, prima a San Donato nella “Scuola Popolare” e poi a Barbiana e che dopo la sua morte, organizzati nell’Associazione di volontariato Gruppo don Milani di Calenzano, siamo impegnati a valorizzare la sua opera svolta a San Donato, tanto sottovalutata quanto importante, contenuta nel suo libro “Esperienze Pastorali”, siamo poco interessati alle notizie pubblicate negli ultimi giorni circa l’interpretazione che la Chiesa dà, oggi, al decreto del Santo Uffizio che nel 1958 dichiarò il libro «inopportuno» vietandone la lettura, poiché la storia non si cambia con le parole. Al contrario saremo molto interessati ad atti sostanziali che la Chiesa dovrebbe compiere, promuovendo il libro, non solo in Italia e in particolare nella formazione dei sacerdoti, affinché l’opera di don Lorenzo possa finalmente raggiungere la sua destinazione: partire dalla sua piccola esperienza pastorale per aprire nella Chiesa un dibattito permanente sul modo più efficace per evangelizzare il popolo in ogni realtà e in ogni tempo.
Maresco Ballini, presidente
per il Gruppo don Milani di Calenzano
Caro presidente Ballini e cari amici, innanzi tutto voglio dire che apprezzo la vostra fedeltà a don Lorenzo Milani e anche la “battagliera” volontà di testimoniare la forza e la profondità, la carica profetica e la ortodossia della sua testimonianza di sacerdote cattolico oltre che la sua passione cristiana e civile di educatore. Mi pare però necessario soffermarmi su un punto che mi pare decisivo. Scrivete, infatti, che la «storia non si cambia con le parole», ma da cronista – cioè da semplice testimone del tempo – posso a mia volta dire che ci sono parole che fanno storia. Che producono fatti. Anche nel caso di “Esperienze Pastorali” è così.Nel 1958 per valutare come «inopportuno» l’unico e assai importante libro scritto direttamente da don Milani, e per chiedere di sospenderne «prudenzialmente» stampa e diffusione, l’allora Sant’Uffizio utilizzò le «parole» di una comunicazione indirizzata all’arcivescovo coadiutore di Firenze, monsignor Florit. Oggi, dopo una provvidenziale iniziativa presso Papa Francesco dell’attuale arcivescovo, cardinal Betori, la Congregazione per la dottrina della fede, investita della questione, ha usato nuove «parole» indirizzate anche stavolta al pastore della diocesi fiorentina per comunicare che quella misura prudenziale per quanto riguarda la Chiesa «non ha più ragione di sussistere». La Congregazione ha anche sottolineato un particolare tutt’altro che irrilevante e cioè «che non c’è mai stato alcun decreto di condanna dell’opera e dell’autore». Il cardinal Betori ha dichiarato a sua volta – Andrea Fagioli ne ha scritto proprio ieri sulle nostre pagine, citando la sua intervista a “Toscana Oggi” – che, dunque, “Esperienze pastorali” «non ha nessuna proibizione da parte della Chiesa» e che torna a pieno titolo «un patrimonio del cattolicesimo italiano e, in particolare, della Chiesa fiorentina, un contributo alla riflessione ecclesiale da riprendere in mano e su cui confrontarsi». C’è da esserne lieti, serenamente lieti. Personalmente lo sono davvero molto. Ma persino di più, se possibile, lo sono da direttore di un giornale che già trentasette anni fa, nel 1977, sotto la guida del grande Angelo Narducci, dedicò paginate e titoli di rilievo al priore di Barbiana, al suo «messaggio da riscoprire» e alla sua «passione per una Chiesa presente tra gli uomini». È storia, fatta anche di parole. Chiare, come lo sguardo cristiano e le coerenti scelte di don Lorenzo.