Odoardo Focherini e la forza dell'amore: memoria viva di una nipotina, e nostra
sabato 1 febbraio 2020

Gentile direttore,
sono una nipote di Odoardo Focherini e vista l’attenzione che ad “Avvenire” avete sempre nei confronti del nonno, mi fa piacere inviarvi il testo che mia figlia Virginia di 12 anni (nipote di Rodolfo Focherini, quarto figlio di Odoardo) ha svolto in classe. Il tema era questo: «Immagina di vivere un’epoca del passato. Scrivi una lettera a un familiare o a un amico/a in cui descrivi il contesto in cui ti trovi». Virginia si è talmente immedesimata nel dolore del nonno Rodolfo, da farlo suo: il testo sembra scritto proprio da mio padre. Cordiali saluti.
Cristina Focherini

Marcena, 12 agosto 1944
Caro Babbo, come stai? Io sto bene ma sento la tua mancanza. Ieri siamo partiti per la città a te più cara, Marcena. Quando siamo entrati nella rustica solita stanza, lo zio ci ha fatto una sorpresa: ha separato la stanza! Una parte è per me e Attilio e l’altra per le mie sorelle; ero davvero felice! Olga però era un po’ arrabbiata perché, essendo la più grande, sentiva il bisogno di una camera tutta per sé: non la biasimo, ma alla fine si è trovata bene.
Se ti stessi chiedendo che ora siano, sono le otto di sera. Oggi siamo andati a funghi e ne abbiamo presi molti. Un poco di essi li abbiamo regalati, ma abbiamo ancora due cesti di vimini pieni di porcini e finferli. Come ogni volta, abbiamo fatto a gara a chi ne prendeva di più; per la prima volta ho superato Olga e ho vinto. Avevo solo cinque funghi in più, ma per me è sempre un grande traguardo.
Il pomeriggio sono stato male: raffreddore e male alla schiena; sono stato a letto, ma Attilio continuava a darmi fastidio “Giochiamo? Dai giochiamo con il trenino? Giochiamo?”, continuava a dire e mi dava il mal di testa. Alla fine gli ho urlato di finirla e lui ha pianto. È subito accorsa la Mamma che lo ha consolato; dopo avergli asciugato le lacrime lo ha rimproverato perché non doveva importunarmi se stavo male. Lui lo ha capito e mi ha chiesto scusa e io ho fatto lo stesso. Oggi è stata una giornata intensa e vado a dormire. Alla Mamma manchi tanto, sai? Manchi molto anche a me; manchi molto a tutti. Rodolfo

Bolzano, 9 settembre 1944
Caro Dodino (Odoardo Focherini chiamava il figlio Rodolfo “Dodino”), qui dove sono io si sta benissimo: ho un bel pigiama a righe blu e bianche e dormo su un comodo letto di legno. Mi spiace che il tuo mal di schiena persista e che tu abbia il raffreddore. Salutami tutte le tue sorelle e Attilio. Di’ a quest’ultimo che non ti doveva dar fastidio, anche se sono felice che sia riuscito a capire il proprio errore; inoltre potresti riferire a Olga che quando crescerà capirà che avere l’aiuto di quattro sorelle è importante e molto utile. Salutami la piccola Paola e voglio che tu le insegni a distinguere vari tipi di funghi velenosi e sani: porcini, finferli e champignon.
Dodino, ti devo dare un incarico molto molto importante: ogni mattina sveglia la Mamma con un bacio; il bacio che tu le darai sarà come se glielo dessi io. Di’ alla Mamma che la amo e che mi manca; mi mancate tutti, soprattutto Paola con cui sono stato troppo poco tempo.
È ora di mangiare e non vedo l’ora di mangiare quel buon pezzo di carne succulenta che ci danno. Non vedo l’ora di tornare da voi e vedere come siete cresciuti.
Ti voglio bene, Dodino, il tuo Babbo Odoardo

Carpi, 2 gennaio 1945
Caro Babbo, quando torni? Ti aspetto sempre davanti alla porta dopo aver fatto i compiti. Quando torni? Alcune persone ci hanno detto che sei morto, ma io so che non è così, vero? Tu sei ancora là e stai aspettando di uscire, vero? Ti voglio bene, il tuo Dodino

Carpi, 7 maggio 1945
Dolce Babbo, dove ti trovi? Sento sempre di più la tua mancanza. La Mamma è sempre triste e sta sempre e solo in casa; quando tornerai? I miei famigliari sono tristi e stanno in lutto, ma io so che sei vivo e quando meno ce lo aspetteremo tu ritornerai. Bacerai la Mamma, ci abbraccerai tutti e farai fare i salti in aria a Paola. Ti aspetto, Dodino

Marcena, 12 agosto 1946
Caro Babbo, dove sei? Ti aspetto, ma non arrivi mai... ti voglio qui con me; ti vogliono tutti qui. Molte persone mi dicono di smettere di pensare che tu sia vivo, ma tu non sei morto, io lo sento, io lo so. La Mamma non è più la stessa, non sorride più, ma io faccio, come mi hai detto, la sveglio con un bacio. Dodino

Marcena, 26 luglio 1947
Mi manchi tanto, Babbo. Dodino

Virginia


Cara signora Cristina, dico semplicemente grazie a lei e sua figlia Virginia per aver condiviso con me e con noi tutti questa bella e delicata “pagina” di scuola e di vita. Trovo che sia una commovente dimostrazione di come la trasmissione affettuosa e partecipe, di generazione in generazione, della memoria familiare e collettiva sia un bene davvero grande. Brava o bravo l’insegnante che ha saputo far germogliare tutto questo in uno scritto. Bravissima Virginia. Non c’è una parola aspra in questa corrispondenza frutto dell’immedesimazione di sua figlia con il nonno, ancor bambino, e il bisnonno deportato dai nazifascisti e morto in campo di concentramento a causa del suo impegno per salvare uomini e donne italiani o di origine straniera, quasi tutti ebrei, che allo sterminio nei campi voluti da Hitler sarebbero stati destinati. E c’è tutta la forza dell’amore familiare e dell’amore cristiano che legava e lega i membri di una famiglia italiana, speciale eppure eguale a tante altre. Un amore che non esclude e che si comunica. Leggere e riflettere scalda davvero il cuore. Soprattutto di questi tempi, dove asprezze e smemoratezze fanno breccia tra non pochi italiani ed europei e persino tra i credenti.
È vero, cara signora, tutti noi di “Avvenire” abbiamo una gratitudine, una devozione e una passione speciali per Odoardo Focherini, primo e unico giornalista italiano a essere riconosciuto Beato dalla Chiesa. Ogni edizione di “Avvenire” viene pensata e impostata idealmente assieme a lui, sotto i suoi occhi. Ho voluto che una copia del suo Decreto di beatificazione e del primo numero post-bellico del suo giornale bolognese “L’Avvenire d’Italia” (che assieme al milanese “L’Italia” ha dato vita al nostro quotidiano) ci guardassero dalla parete della sala dove al mattino teniamo la nostra quotidiana Riunione di Redazione. Per fare il “giornale del giorno che viene” bisogna aver chiaro che l’Avvenire è amore e memoria, stare sempre dalla parte dei più deboli, mantenere occhi buoni e tranquillo coraggio della scelta. Come Odoardo ci ha insegnato e ancora ci insegna.



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