Caro direttore,
da alcuni anni seguo molti artisti specie su Roma e sono rimasto molto colpito ai funerali del grande artista Fabrizio Frizzi. Il calore umano della gente per una persona conosciuta, che era davvero “uno di noi”, le splendide parole di don Walter Insero, rettore della Chiesa degli artisti a Piazza del Popolo, e di chi si è alternato a ricordare Fabrizio in Chiesa, mi hanno molto commosso. Mi permetto solo di aggiungere un aspetto: la prospettiva della morte che ci coglie all’improvviso o, meglio, di una vita che ci viene donata da Dio, ma che è sottoposta alla fragilità della nostra condizione umana. Quando muore un artista conosciuto, simpatico, preparato come Fabrizio Frizzi è giusto ricordare chi è stato e chi rimarrà per noi. Però questa morte così improvvisa, ci fa comprendere anche la nostra fragilità, il vuoto che tutti abbiamo dentro, divisi da deliri di onnipotenza e la fatica del vivere. Vedendo tanti artisti e molta gente fermi davanti alla bara, pensavo a quelle splendide parole di risurrezione e di vita, in un mondo pervaso da molta miseria e tanta tenebra. Grazie Fabrizio per il dono che sei stato per tutti noi che, come te, vogliamo essere amanti della vita.
don Luigi Trapelli, parroco di San Benedetto di Lugana Verona
Caro direttore,
ripensando alla figura di Fabrizio Frizzi ho riflettuto molto, da spettatore, quanto fosse importante per lui essere cattolico. Anni fa vide (come me) una trasmissione su Gianfranco Funari che usciva, molto emaciato, dall’ospedale dopo un importante intervento al cuore. Per questo l’aveva poi voluto in trasmissione (“Per tutta la vita”), dove Funari aveva smosso un po’ le acque, col suo stile, anche con pesanti inesattezze ed era dovuta intervenire Rosy Bindi, allora ministro della Salute, con toni molto accesi. Quando Frizzi fu intervistato sulla scelta di avere Funari come ospite, lui disse che aveva semplicemente provato una gran pena per il presentatore malato. Riflettendoci su, è una risposta da cattolico maturo. Qualche sera fa a “Porta a porta” hanno fatto vedere una intervista alla moglie di Frizzi, Carlotta, che ha raccontato che per il matrimonio Fabrizio aveva preparato personalmente il foglietto con le letture e che lei e lui avevano scelto assieme una chiesa vicina a casa per la cerimonia, per ricordare sempre il loro matrimonio. Forse, caro direttore, siamo ancora e sempre un popolo cattolico. Più cattolico di quanto non sembri... Non si spiega altrimenti l’affetto che stiamo dimostrando per Frizzi. Persona dabbene. Ci dovremmo ricordare più spesso di come si è importanti, come cattolici, anche oggi che sembra che tutto sia rilevante tranne questo, almeno per i guru dei social network e per tanti giornali, radio e tv...
Marco Sostegni, Vinci (Fi)
Egregio direttore,
premetto di non conoscere molto bene il simpatico Frizzi, però mi permetto di condividere il pensiero di Pupo che ha osato cantare fuori dal coro del «son sempre i migliori che se ne vanno», e gli ipocriti che lo angosciavano ora nel momento del dolore sono pronti a versare un fiume di lacrime, ma non voglio scomodare quelle di coccodrillo. Come non posso dubitare del genuino dolore di Rita Dalla Chiesa che nel 1992 si unì in matrimonio con Fabrizio finito poi nel 2002 a tarallucci e vino... Per consolarsi di tale perdita il suo ex convolò nel 2014 a giuste nozze con una concorrente a Miss Italia, ma prima di fare questo secondo passo era diventato padre di una bella bambina che adorava. Capisco che lo spettacolo è un mondo a sé, mentre la società normale viaggia su altri binari, comunque sia vale anche per questi famosi privilegiati il detto: «Non è tutto oro ciò che luccica»... Spero che il compianto Fabrizio riposi in pace, difficile da trovare su questa Terra nonostante successi e fama!
Enzo Bernasconi, Varese
Tre lettere, diverse per toni e origine, tra le molte che sono arrivate in redazione sull’onda della commozione per la prematura morte di Fabrizio Frizzi, personaggio televisivo familiare e molto amato. Mi pare che due di esse dicano cose belle che aiutano ulteriormente a riflettere e a comprendere, sia in chiave cristiana sia in chiave umana, la partecipazione a questo evento doloroso in un’Italia forse anche arrabbiata, ma – sono d’accordo – profondamente “affamata” di persone dabbene e di un tratto gentile e generoso nei rapporti con gli altri. Vorrei concentrarmi brevemente solo su quella “fuori dal coro“, ma in duetto aspro con il cantante Pupo, del signor Bernasconi. Penso che sia giusto farsi domande e cercare risposte a proposito di persone che, in diverso modo, esercitano un ruolo pubblico, e perciò entrano nelle nostre esistenze e nelle nostre case con ciò che dicono e che fanno. Ma sul tema sollevato, quello del primo matrimonio (civile) di Frizzi e del secondo (anche cattolico), penso che nessuno può permettersi di immaginare di sapere come stanno davvero le cose di più e meglio del sacerdote che ha accompagnato la coppia in quel cammino. Più in generale, poi, con una convinzione che hanno acceso in me i miei genitori e che si è fatta via via più forte negli ormai molti anni di giornalismo che ho sulle spalle, credo che quando si parla dell’amore e della fede degli altri bisogna essere o sufficientemente informati o abbastanza saggi da non precipitare mai i giudizi. Se non si è capaci di questo, si finisce per vivere “col ditino alzato”, pronti ad ammonire sempre gli altri e destinati a essere ripagati della stessa moneta (Mt 7,1-2) e, presto o tardi, a rileggersi o a riascoltarsi almeno con un po’ di rossore.