Caro direttore,una piccola – e meditata – osservazione alle parole scritte in una lettera da un sacerdote (5 novembre scorso). Le parole «… dopo aver consultato tutti i padri sinodali il Papa deciderà il “da credersi”…» mi sembrano un po’ fuori registro. Il Sinodo non è un Concilio, e neppure ci si attende o è allo studio una qualche definizione dogmatica. Il “da credersi” è Gesù nel Vangelo, nella Tradizione e nel Magistero della Chiesa. Proprio papa Francesco ha invitato a tenere sempre con sé un Vangelo e a leggerne un po’ tutti i giorni. Cari auguri e saluti.
Giovanni Manecchia, Ghezzano (Pi)Ricambio di cuore auguri e saluti, caro amico, e subito le confermo che è sempre utile riflettere e confrontarsi con serena profondità e che non servono poi tante parole per intendere il punto delle questioni. Per intendersi, invece, a volte ne serve magari qualcuna in più... Ma devo ammettere che non mi ha sfiorato neanche per un istante il pensiero che la lettera di un prete colto e di grande esperienza e carità, come don Duilio Sgrevi, potesse alimentare un qualche fraintendimento e timore! Non l’ho pensato prima di pubblicarla e non lo penso ora. Il compito del Papa nella Chiesa è infatti più che chiaro, il suo servizio è stabilito da Cristo stesso. Ogni cristiano che si dice e si sente cattolico lo sa. Lo sanno anche (e soprattutto, direi) coloro che qualcuno ama definire «cattolici medi». Categoria che posso immaginare, io che da figlio di Assisi mi sento sempre un po’ “minore”, ma non mi convince. Gli aggettivi ulteriori appiccicati a cattolico – qualche lettore forse ricorderà mie ripetute annotazioni in proposito – mi piacciono poco e nulla. E posso testimoniare, da cronista, di aver verificato nel corso degli anni (e spulciando qualche testo di storia ecclesiale e civile) che sono spesso strumentali a tristi, e persino scandalose, divisioni e a poco edificanti polemiche.Non è il suo caso, caro signor Manecchia. Ma la questione che lei pone è fondamentale. E vista la mia poca scienza, mi pare opportuno affidarmi alla parola stessa del Papa. Che il 6 ottobre 2014, invitando i padri riuniti nel Sinodo straordinario sulla famiglia a «parlare con parresia e ascoltare con umiltà», ha richiamato con efficacia il tradizionale e corretto senso nella vita della Chiesa dell’evento da lui voluto e presieduto. «Il Sinodo – ha ricordato – si svolge sempre cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e custodia della fede». Come dire di più e meglio in poche battute? Millenaria fedeltà e memoria, il sangue stesso dei martiri di ogni tempo e luogo, dicono che la Chiesa e il suo tesoro sono dov’è Pietro, non altrove.