martedì 29 gennaio 2013
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​Che effetto fa essere campione del mondo?». «Frastornato ma felice». «Emozionato?». «Essere nel novero di tanti nomi illustri colpisce. Ma resto una persona semplice. E adesso mi scusi, ma devo correre ad allenarmi per la finale». Immaginate un’intervista così a uno dei protagonisti della finale dei Mondiali di calcio. Immaginate di leggerla non dopo, ma prima della partita. Avendo escluso che giornalista e calciatore siano sotto effetto di sostanze psicotrope, pensereste che Calciopoli abbia raggiunto livelli impensabili: la partita più importante deve ancora essere giocata, ma già si sa chi ha vinto. E lo si intervista. Prima. Bene. Anziché lo sport prendiamo in considerazione la politica italiana: di interviste vere del tutto analoghe a quella immaginata se ne vanno leggendo non poche, in questi giorni, soprattutto sui periodici locali, più vicini a territori e candidati di riferimento. Ne ho di fronte una. Ecco alcune fra le domande: «Pensa mai al fatto che tra qualche settimana sederà a Palazzo Madama?». «È emozionata di entrare in quel consesso?». «Che rapporto avrà da Roma con il territorio?». Lo sguardo corre in cima alla pagina: un giorno di questo gennaio. Si vota il 24 febbraio. Il collega potrebbe essere biasimato. Ma par già di sentire la sua difesa: non siamo ipocriti, la senatrice (pardon, la candidata) è collocata in lista in un posto che le garantirà di essere eletta. E la candidata (pardon, la senatrice), a chi le obiettasse il cattivo gusto di annullare un sussurrato «se riuscirò ad arrivare a Roma» con un ben più nitido «avrò una persona che collabora con me e mi impegno il venerdì, il sabato mattina e il lunedì a ricevere le persone nella sede…», la candidata certo non si è fatta problemi, data la visibilità garantita. Che c’è di nuovo? dirà qualcuno. Il Porcellum, ahinoi, lo conosciamo. È una legge per la quale – i lettori di "Avvenire" lo sanno bene e da anni – è difficile trovare aggettivi sufficientemente negativi. Una legge la cui mancata modifica è stata giustamente indicata da più parti e anche dal capo dello Stato come una delle più gravi inadempienze di deputati e senatori uscenti, ma soprattutto dei capipartito che della potestà di designazione degli eletti largamente si avvalgono. E poi, i "posti sicuri" son sempre esistiti, con qualsiasi meccanismo elettorale. Vero. Ma un conto erano e sono i capilista d’antan e di oggi e i seggi blindati per conformazione sociale e cultura storica di certi territori. E un conto sono situazioni come quelle cui torniamo ancora una volta ad assistere, proprio in un momento in cui la partecipazione attiva della gente alla cosa pubblica ci è necessaria come l’ossigeno. Infatti, episodi mediatici come quello descritto ti fanno provare la sensazione di sentirti pestare un callo: sapevi di averlo ma non sei grato a chi ha provveduto a ricordartelo. La signora – e con lei molti altri signori – è già sicura di andare a Roma. Se magari evitasse di sottolinearlo, per noi elettori sarebbe – come dire? – più facile convincersi della necessità e dell’utilità di andare a votare. Bandiera (e scheda) bianca, dunque? Niente affatto. Piuttosto una timida ma tenace proposta ai partiti, ai capi coalizione, ai candidati premier e ai premier non candidati ma impegnati, insomma a tutti: dividetevi su tutto ma prendete insieme il solenne l’impegno di cambiare la legge elettorale. Qualcuno lo ha già dichiarato. Gli altri provvedano.
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