Caro direttore,
nei giorni scorsi alcuni commentatori hanno riflettuto sulle sommosse in corso in Cile e in altre parti del mondo sostenendo che esse sono dovute a un processo generale di impoverimento che sta interessando tutto il pianeta. Non sono d’accordo. È vero che in alcuni Paesi sono in corso processi di impoverimento della popolazione ma la linea di tendenza generale non è questa. Nel loro bestseller “Factfullness” Hans Rosling, Ola Rosling e Anna Rosling Rönnlund hanno dettagliatamente documentato (nell’edizione italiana a pagina 65) che il tasso di povertà estrema ha cominciato a diminuire a partire dal 1800. Da allora è andato sempre i discesa ma dal 1997 al 2017 c’è stato il calo più rapido in assoluto nella storia mondiale. Nel 1997 il 42% della popolazione indiana e cinese viveva in condizioni di povertà estrema. Nel 2017, in India, questa cifra era scesa al 12%, con 270 milioni di poveri in meno rispetto a soli vent’anni prima. In Cina, nello stesso periodo, il dato è precipitato ad un sorprendente 0,7%, con un altro mezzo miliardo di persone al di sopra di questa soglia cruciale. Nel frattempo l’America Latina ha registrato una diminuzione dal 14 al 4%: altri 35 milioni di persone.
Franco Pelella Pagani (Sa)
È vero, gentile amico, che la povertà estrema (o assoluta) è globalmente diminuita. Ma è vero anche che essa sta tornando a crescere nelle aree del benessere (dagli Usa alla nostra Europa, Italia compresa). E purtroppo è altrettanto vero – come anche noi continuiamo a documentare – che la povertà relativa resta imponente, che le classi medie in molti Paesi si assottigliano e scivolano verso il basso e che le disuguaglianze si fanno più ampie e persino vertiginose, con sempre meno persone che hanno moltissimo e sempre più che sono appena al di sopra della soglia dell’indigenza. E le miserie non sono mai solo materiali. Per questo ci serve la costruzione di un’altra economia e la ripresa coraggiosa e alta di una solida cultura politica e dell’umano.