lunedì 7 luglio 2014
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​Gentile direttore,
il giuramento di Ippocrate, com’è noto, contiene valori rispettati da migliaia di anni. In presenza di questo non trascurabile fatto, può il presidente di una regione italiana, in qualità di “commissario ad acta”, imporre ai medici obiettori (difesi dall’art. 22 del Codice deontologico e dalla Costituzione) la redazione di documenti che autorizzano ad abortire e la prescrizione di strumenti per l’aborto? Io credo proprio di no. Ma il fatto che più mi impressiona è che sui cosiddetti grandi quotidiani (ho fatto una piccola indagine in proposito, dopo la suddetta notizia) non si sottolinea in maniera adeguata l’errore del politico. Questo “silenzio” di importanti organi di stampa provoca, a mio modo di vedere, significative conseguenze. È opportuno notare che, se nella società tutte le idee galleggiano al medesimo livello e con lo stesso valore nel mondo dell’opinione, le convinzioni si rivelano, come avvertiva Nietzsche, «nemici della verità più nefasti della menzogna». Con viva cordialità.
Roberto Giorni, Codogno (Lo)
Sulle colonne di questo giornale non abbiamo mai avuto paura di affermare e difendere irrinunciabili princìpi di civiltà e grandi e vere libertà. Come lei sa, caro e gentile signor Giorni, lo abbiamo sempre fatto con lo stile che ci è proprio: con amore per la verità e con onesta volontà di confronto, senza leggerezze e senza compiacimenti polemici. Da cristiani, e da “partigiani” della nostra comune umanità. Lo abbiamo fatto spesso anche in (quasi) solitudine nel concerto dei media che quotidianamente informano gli italiani. Così, ancora una volta, è accaduto a seguito dell’iniziativa – dirompente e, per me, semplicemente incredibile – della Regione Lazio sul cruciale e delicatissimo fronte dell’obiezione di coscienza di fronte a pratiche, come quelle abortive, che comportano o, comunque, propiziano la distruzione di una vita umana. Mi dispiace che pur ottimi colleghi non si rendano ancora conto di quanto sia importante il bene che è messo in questione. E ancora non colgano quanti e quali rischi corriamo tutti di fronte alle crescenti pretese autoritarie della cultura dell’individualismo assoluto e dello scarto. Sottolineo quel ripetuto «ancora», gentile amico, perché non riesco a credere che le libertà fondamentali non tornino a essere apprezzate e difese in modo corale da chi fa un mestiere, come quello di giornalista, che senza responsabile libertà è solo salamelecco all’idolo in voga, al potente di turno, all’opinione dominante del momento.
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