Gli pseudotifosi o, meglio, gli «ultrà del calcio» stiano in guardia: un coro proferito da queste bocche stolte o uno striscione infamante confezionato dalle loro mani prima o poi li 'seppellirà'. Non è una minaccia, ma un augurio, affinché si arrivi a una vera cultura sportiva, che non può prescindere dal senso di civile responsabilità del singolo cittadino, in questo caso quella del tifoso da stadio. Non possiamo più chiudere gli occhi e tapparci le orecchie dinanzi alle settimanali e reiterate violenze verbali, urlate in coro o esposte con becera fierezza su lenzuolate dalle solite sporche dozzine della curva, in cui si mette al pubblico ludibrio (con milioni di telespettatori in diretta tv) il giocatore o il dirigente avversario. Da anni, nei nostri stadi non c’è partita in cui non arrivi all’orecchio di noi veri tifosi (per fortuna, ancora la maggioranza silenziosa) il selvaggio «buu-buu» razzista, rivolto al giocatore di colore di turno, mentre fuori campo ci pensano persino i sindaci a dare dello «zingaro» a Zeman. E il mondo del calcio che fa? Continua a giocare, indifferente. A volte invece si indigna e in qualche caso limite (Balotelli in Nazionale, oltraggiato dagli stessi tifosi italiani) si è interrogato sull’opportunità di sospendere la partita. Finora, però, la sospensione, che rappresenterebbe l’estremo rimedio (penalizzante per la maggioranza silenziosa che paga regolare biglietto e abbonamento) a quello che evidentemente nel Palazzo del pallone italico non è ancora considerato un male estremo, rimane un semplice avviso di ammonizione.
«Al prossimo coro fermiamoci», dice con animo arbitrale il ct della Nazionale Cesare Prandelli, che come tutti noi non ne può più di sentire gli ululati bestiali degli ultrà e tanto meno di vedere offesa la dignità della singola persona, come nel caso del dirigente della Juventus Gianluca Pessotto. Non bastava lo striscione infame esposto dagli pseudosostenitori del Bologna, – in occasione della partita contro i bianconeri – «Pessotto simulatore. Si è buttato o era rigore?», e subito sono arrivati i cori, con slogan affini («Pessotto buttati di sotto») di un gruppo di romanisti, durante la finale di Coppa Italia juniores. Sì, una di quelle partite di calcio giovanile durante le quali troppo spesso persino i genitori in tribuna inneggiano alla violenza e al razzismo, contro i bambini. Ma almeno in quel calcio minore, anche all’anagrafe, ogni tanto si sente di qualche dirigente illuminato o di un allenatore semplicemente responsabile che prende i propri ragazzi e li riporta negli spogliatoi, facendo interrompere la partita, anche a rischio che il civilissimo gesto di dissenso, “sportivamente” sia punito con il 3-0 a tavolino. Ma nel calcio dei grandi, dal momento che il risultato coincide con la parola “business”, tutto questo non accade mai. Così il Bologna per lo striscione incassa tranquillamente il deferimento della Procura della Federcalcio e lo show in campo continua. Per quel coro dei romanisti, sarebbe bello se il direttore generale Franco Baldini, dopo le rare e nobili «scuse pubbliche a Pessotto», con l’appoggio di tutti, facesse ora seguire una campagna che metta al bando gli “imbecilli” da ultimo stadio. A cominciare da quei sedicenti tifosi modenesi della Fiorentina che stanno facendo circolare in Rete una foto in cui indossano una maglia viola con la scritta «Gobbi -39». Chiaro il riferimento alle 39 vittime dello stadio Heysel e a quei poveri tifosi juventini che che persero la vita nella calca provocata dagli hooligans del Liverpool.Chi scrive certe frasi, questi “creativi maligni” della Curva, sono gli stessi che su Facebook o Twitter cercano l’amicizia o un dialogo con le persone denigrate nello striscione, acclamandoli magari come i loro idoli. Sono sempre gli stessi e le società conoscono bene nomi e cognomi per poterli espellere una volta per tutte. Lo facciano, perché non ne possiamo più di quelli che allo stadio usano il calcio, un gioco, per prendersi gioco persino delle sofferenze e della morte altrui.