sabato 7 maggio 2016
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Gentile direttore,Fortuna e Aurora: due nomi beneauguranti che stridono se si pensa che appartenevano a due povere bambine vittime della mostruosità umana. Fortuna in modo terribile, a Caivano, Aurora, forse per maltrattamenti, a Milano. Davanti a tanta malvagità, qualcuno può ancora definire l’uomo “creato a immagine e somiglianza di Dio?”. Oppure si dovrebbe esclamare con David Turoldo: «E tu Cristo non dici più niente, / Cristo sei muto più del cemento».Arianna Gatti
Il male esiste, gentile amica. E sfigura il volto degli esseri umani, allontanandoli anche ferocemente dalla somiglianza con Dio. Da secoli continuiamo a sperimentare e a inorridire per il maligno strazio che prosegue in ogni dove, e infinite volte lontano dai nostri occhi e dalla nostra indignazione, nelle vite dei piccoli, dei deboli, degli innocenti e specialmente delle donne. Ma il maligno non è stato, non è, né sarà mai il Signore del tempo e della storia. La sua forza si alimenta delle nostre libertà impazzite, delle volontà di sopraffazione, delle omertà scandalose e complici, degli egoismi atroci. E le sue parole e i suoi gesti possono sfregiare l’amore, ma non ne hanno la potenza, ne sono un’eco ingannevole e marcia. Io da cristiano ci credo, da cronista continuo a trovarne le prove, da uomo non smetto di sperarlo. Infine, gentile signora Arianna, conta solo l’amore. Anche quello umiliato e spezzato. Anche l’amore crocifisso. Sempre l’amore che non conosce rassegnazione di fronte al trionfo del male. L’amore che nessuna sdolcinata cartolina può contenere, perché lotta e abbraccia, scalcia e insegue, e parla chiaro e grida. Magari ritrovando proprio il vigore del grido di padre Turoldo, che lei cita a memoria e che tanti di noi sentono riecheggiare in testa e cuore in frangenti amari della propria vita o dentro le tragedie in cui ci precipitano le nostre perdizioni. A quel grido, nelle mie orecchie nello speciale e umanissimo tempo senza tempo della poesia, rispondono dagli anni della mia giovinezza le parole rauche e limpide di Ungaretti: «Vedo ora nella notte triste, imparo, / so che l’inferno s’apre sulla terra / su misura di quanto / l’uomo si sottrae, folle, / alla purezza della Tua passione. / (…) Cristo, pensoso palpito, / (…) Fratello che t’immoli / perennemente per riedificare umanamente l’uomo». Qui e ora, cara amica, il silenzio di Dio siamo noi, disperati. E siamo noi a dare all’Onnipotente voci e mani.
Marco Tarquinio
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