Il male esiste, gentile amica. E sfigura il volto degli
esseri umani, allontanandoli anche ferocemente dalla somiglianza con Dio. Da
secoli continuiamo a sperimentare e a inorridire per il maligno strazio che
prosegue in ogni dove, e infinite volte lontano dai nostri occhi e dalla nostra
indignazione, nelle vite dei piccoli, dei deboli, degli innocenti e
specialmente delle donne. Ma il maligno non è stato, non è, né sarà mai il
Signore del tempo e della storia. La sua forza si alimenta delle nostre libertà
impazzite, delle volontà di sopraffazione, delle omertà scandalose e complici,
degli egoismi atroci. E le sue parole e i suoi gesti possono sfregiare l’amore,
ma non ne hanno la potenza, ne sono un’eco ingannevole e marcia. Io da
cristiano ci credo, da cronista continuo a trovarne le prove, da uomo non
smetto di sperarlo. Infine, gentile signora Arianna, conta solo l’amore. Anche
quello umiliato e spezzato. Anche l’amore crocifisso. Sempre l’amore che non
conosce rassegnazione di fronte al trionfo del male. L’amore che nessuna
sdolcinata cartolina può contenere, perché lotta e abbraccia, scalcia e
insegue, e parla chiaro e grida. Magari ritrovando proprio il vigore del grido
di padre Turoldo, che lei cita a memoria e che tanti di noi sentono
riecheggiare in testa e cuore in frangenti amari della propria vita o dentro le
tragedie in cui ci precipitano le nostre perdizioni. A quel grido, nelle mie
orecchie nello speciale e umanissimo tempo senza tempo della poesia, rispondono
dagli anni della mia giovinezza le parole rauche e limpide di Ungaretti: «Vedo
ora nella notte triste, imparo, / so che l’inferno s’apre sulla terra / su
misura di quanto / l’uomo si sottrae, folle, / alla purezza della Tua passione.
/ (…) Cristo, pensoso palpito, / (…) Fratello che t’immoli / perennemente per
riedificare umanamente l’uomo». Qui e ora, cara amica, il silenzio di Dio siamo
noi, disperati. E siamo noi a dare all’Onnipotente voci e mani.
Marco Tarquinio