Assunta Manno
Lei, gentile signora Assunta, usa l’arma retorica del paradosso per stigmatizzare un nuovo provvedimento che a tutta prima appare, in effetti, paradossale. Ma vediamo di fare un po’ d’ordine e di capire come realmente stanno le cose. Tutto nasce dal «pacchetto sicurezza» varato in questi giorni, il quale introduce alcune significative modifiche anche al Codice della strada. Fra queste si stabilisce che in caso di infrazioni commesse sulle due ruote a pedali, c’è ora la possibilità di perdere punti della patente automobilistica, sempre che il ciclista indisciplinato ne sia in possesso. Il dispositivo di legge recita testualmente: «Se il conducente è persona munita di patente di guida, nell’ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, sono stabilite le sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida, le stesse sanzioni amministrative accessorie si applicano anche quando le violazioni sono commesse alla guida di un veicolo per il quale non è richiesta la patente di guida». Fuori dal linguaggio burocratese, tutto ciò significa in pratica che chi guida una bicicletta o un risciò o magari un veicolo a traino animale come un carro o una carrozza, e commette un’infrazione, perderà punti sulla sua patente. Alcuni, in quest’Italia popolata di azzeccagarbugli, non hanno mancato di rilevare che tale provvedimento crea disparità tra chi ciclista, possiede una patente di guida ed è perciò sanzionabile e chi invece non la detiene, e quindi non risulta punibile (sarebbe questo il caso del bambino in bici da lei citato: niente multa!). Questo è certamente un problema, da dirimere. Ma in quest’Italia da tre automobili per famiglia, quale maggiorenne, oggi, non ha la patente? In ogni caso il punto non è andare a caccia delle incongruenze della nuova legge. Il punto è valutarne lo spirito generale, che è quello di stimolare nell’utente della strada – con l’effetto deterrente della perdita di punti – una maggiore disciplina e responsabilità, virtù di cui s’avverte molto la mancanza, come documentano le tragiche cronache d’ogni giorno. Se io, colpevolmente, investo un pedone con la bicicletta, quasi sicuramente gli procurerò meno danni che non investendolo con un Suv, ma deve ugualmente risponderne. Chi è pericoloso sui pedali, con ogni probabilità lo sarà anche al volante. Può essere che questa ricetta tecnica – peraltro non ancora testata – faccia acqua, resta però l’urgenza di una maggiore severità. E resta soprattutto l’urgenza di un’efficace educazione al senso civico, alla prudenza, al rispetto di se e degli altri, educazione che deve cominciare sui banchi di scuola.
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