Gentile direttore,
sono la donna di 40 anni che ha scritto la lettera pubblicata il 27 marzo scorso da Corrado Augias su “Repubblica”. Mi ha provocato molto dispiacere leggere che Augias è stato accusato di essersi inventato la lettera poiché, purtroppo, tutto ciò che ho scritto è vero e l’ho vissuto sulla mia pelle. Un sacerdote, dopo una delicata operazione, mi ha detto: tu non potrai sposarti più. Non metto in dubbio che la dottrina cattolica non vieti il matrimonio alle persone sterili, ma mi dispiace che da più parti si sia messo in dubbio la veridicità di una lettera e solo perché ne usciva il quadro di un prete meschino e poco informato su ciò che prevede la dottrina cattolica. Capisco che non accettiate le idee di un giornalista laico, ma mettere addirittura in dubbio la veridicità di una lettera... Purtroppo la realtà di tutti i giorni supera di gran lunga la fantasia. La ringrazio di cuore per l’attenzione e le chiedo scusa per il disturbo, ma era una precisazione doverosa anche se le chiedo di rimanere anonima. Grazie ancora.
Lettera firmata
Caro direttore,
su “Avvenire” di sabato scorso, 29 marzo, ho letto le due lettere e la sua risposta riguardanti ciò che era stato pubblicato su “Repubblica” nello spazio destinato ai lettori e alle repliche di Corrado Augias. Il caso riguardava una lettera nella quale una signora sosteneva che il suo parroco le avrebbe detto che non poteva contrarre il matrimonio religioso in quanto divenuta sterile dopo un’operazione chirurgica. Un’affermazione in stridente contraddizione, come su “Avvenire” è stato chiarito, con la dottrina della Chiesa cattolica e con il Codice canonico che dichiara che la sterilità maschile e femminile non costituisce impedimento per le nozze. Ho atteso inutilmente che una precisazione apparisse su “Repubblica”. E ho notato che in quello stesso spazio sono invece state innescate altre polemiche contro la Chiesa. Beh, mi sarei aspettato che su quel giornale dopo aver dato credito a una cosa sbagliata si dicesse come stanno realmente le cose sia per tranquillizzare la lettrice, sia per rispetto dei lettori. Un cordiale saluto
Alfio Bettin
Nonostante, gentile signora, lei abbia accettato di firmarsi per esteso su “Repubblica”, in occasione della pubblicazione ieri di una sua seconda lettera ospitata nella rubrica di Corrado Augias, io continuo a rispettare la sua richiesta di riservatezza. Non posso però sottrarmi dal prendere spunto dalla sua lettera per tornare su questioni di un certo rilievo. Io non ho accusato il collega Augias di «essersi inventato» una storia. E neanche di avere sue libere opinioni sulla dottrina della Chiesa. Le idee di Augias non devono piacere a me (e ci mancherebbe!) per essere espresse. Semplicemente, se e quando c’è motivo per dibatterle, lo faccio con altrettanta libertà. Nel caso da lei pubblicamente sollevato, ho fatto notare che Augias – pur essendo persona colta – aveva accreditato, rispondendole, una cosa assolutamente non vera e cioè che la Chiesa escluda dal matrimonio le persone sterili o divenute tali. Lei, gentile signora, può infatti non sapere che cosa dice la dottrina cattolica su una data questione e mi assicura di aver prestato fede a un parroco che quasi incredibilmente (continuo a pensarlo, anche se non ho motivi per dubitare della sua disavventura) conosce Vangelo e codice canonico forse meno di lei e di me. Ma a me come ad Augias – da cronisti – tocca il dovere di informarci meglio possibile prima di scrivere su qualsiasi argomento. Non farlo, avevo scritto, è un «peccato», anche «laico». Augias e io ne abbiamo poi parlato «con lealtà» – cito la definizione del nostro colloquio data ieri dal collega sul suo giornale. Lui, ovviamente, ha mantenuto le proprie opinioni su altre questioni riguardanti la visione cristiana della vita e le regole della Chiesa cattolica, ma almeno sul punto in questione ha elegantemente trovato il modo per mettere al corrente i lettori di “Repubblica” del fatto che per la Chiesa «la sterilità di un coniuge non impedisce le nozze». E questo, in sostanza, risponde al dubbio sollevato dal caro signor Bettin. La forma prescelta da Augias è assai stringata, ma non equivocabile. So che non tutti hanno l’umiltà di correggersi, e – per quel che vale – l’apprezzo molto.
Ricambio con viva cordialità il saluto del signor Bettin, auguro ogni bene alla signora e ricordo a tutti noi e soprattutto a quanti si dicono – e ogni giorno provano a essere – cristiani che la “dottrina” figlia del Vangelo ci insegna che l’amore rende (e mantiene) fertili in molti modi.